L’indennità del TFR risale al 1924 con la legge sull’impiego privato R.D.L. 13 novembre 1924, n. 1825, la norma introdusse un’indennità ulteriore, valida solo per il personale impiegatizio e solo per i casi di licenziamento non per giusta causa, prima del 1982, l’indennità spettante al prestatore di lavoro all’atto della cessazione del rapporto era denominata, indennità di licenziamento, e successivamente indennità di anzianità.
Con la Legge 297/1982 il legislatore ha modificato profondamente l’istituto, ora denominato Trattamento di fine rapporto. Il TFR è un elemento retributivo differito che spetta al lavoratore subordinato in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, è una quota parte della retribuzione mensile, che viene accantonata e poi erogata dal datore di lavoro quando il rapporto lavorativo si interrompe. Queste quote sono poi rivalutate e sono a disposizione del lavoratore nel momento in cui cessa il rapporto di lavoro.
Un’ulteriore modifica è stata introdotta con il D.Lgs. 21/04/1993, n. 124 che ha inserito la disciplina dei fondi pensione privatistici, cioè di quelle forme di previdenza per l’erogazione di trattamenti pensionistici complementari con lo scopo di assicurare livelli di copertura previdenziale più elevati.
Le forme di Previdenza Complementare costituiscono il c.d. secondo pilastro del nostro sistema previdenziale, che si affianca al sistema pensionistico pubblico c.d. primo pilastro. Con la Legge 296/2006, si è reso obbligatorio il conferimento del TFR maturando a forme pensionistiche complementari, dal 1° gennaio 2007, ha di nuovo mutato la finalità dell’istituto che, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe diventare uno strumento di finanziamento previdenziale.
Dal 1 gennaio 2007, ciascun lavoratore dipendente deve decidere se destinare il proprio TFR da maturare alle forma pensionistiche complementari o mantenere lo stesso presso il datore di lavoro.
E’ importante sottolineare che il nuovo regime riguarda esclusivamente il TFR che matura dal 1° gennaio 2007. Il TFR maturato fino alla data di esercizio dell’opzione resta accantonato presso il datore di lavoro e sarà liquidato alla fine del rapporto di lavoro. Il lavoratore entro 6 mesi dall’assunzione deve esprimere la sua volontà, se avvenuta successivamente al 1° gennaio 2007; mentre per i lavoratori già in servizio all’entrata in vigore della riforma hanno dovuto esprimere la scelta entro il 30.6.2007, il lavoratore dipendente del settore privato deve effettuare la scelta di adesione o meno alla previdenza complementare con le seguenti modalità :
- Il lavoratore può decidere di aderire alla previdenza complementare, indicando il fondo pensione prescelto e dichiarando la propria volontà di conferirvi a titolo di contribuzione il TFR maturando (assenso esplicito), l’adesione determina l’automatica iscrizione del lavoratore alla forma indicata.
- Oppure decidere di non aderire, dichiarando espressamente il proprio diniego (rifiuto esplicito) scegliendo per il mantenimento del TFR maturando presso il proprio datore di lavoro; il lavoratore comunque può sempre decidere successivamente di revocare tale scelta e conferire il TFR ad un fondo pensione complementare. Nel caso in cui il lavoratore lasci passare inutilmente i 6 mesi di tempo previsti dalla legge, l’adesione al fondo pensione categoriale avviene automaticamente, e comporta la devoluzione integrale e obbligatoria del TFR maturando (silenzio – assenso).
Il datore di lavoro è obbligato a trasferire il TFR maturando del dipendente al fondo pensione individuato secondo i criteri definiti dall’art. 8, c. 7, lett. b, DLgs. 252/2005.
Se il lavoratore aderisce volontariamente o per effetto del silenzio assenso, la decisione sarà irrevocabile e il TFR maturando sarà devoluto al Fondo Pensione ( Al termine del rapporto pertanto non gli verrà corrisposto il TFR, ma riceverà, a cominciare dalla data di maturazione dei requisiti per il diritto al trattamento pensionistico, sarà una pensione integrativa in forma di una rendita periodica); se l’adesione proviene da un lavoratore con un rapporto iniziato anteriormente al 1° gennaio 2007, il TFR maturato precedentemente sarà corrisposto in regime di retribuzione differita alla cessazione del rapporto;
Se il lavoratore decide di non aderire a nessuna previdenza complementare continuerà a maturare il TFR che sarà liquidato al termine del rapporto in regime di retribuzione differita.
Un regime particolare è previsto per i lavoratori con rapporto già in essere al 29 aprile 1993, è previsto un regime particolare, in quanto hanno la possibilità di trasferire anche solo una parte del TFR maturando, con le seguenti modalità:
- I soggetti che al 1° gennaio 2007 erano già iscritti ad una forma pensionistica complementare possono decidere di contribuire al fondo con la stessa quota versata in precedenza mantenendo presso il datore di lavoro la quota residua di TFR. In tal caso, per i lavoratori di aziende con più di 49 dipendenti, il residuo TFR è trasferito dal datore di lavoro al Fondo Tesoreria Inps;
- I lavoratori che al 1° gennaio 2007 non erano iscritti ad una forma pensionistica complementare possono scegliere di trasferire il TFR futuro a una forma pensionistica complementare, nella misura fissata dagli accordi collettivi o, in assenza, in misura non inferiore al 50%.
In entrambi i casi resta ferma la possibilità di incrementare la quota di TFR futuro da versare alla forma pensionistica complementare.
L’adesione dei dipendenti alle forme pensionistiche complementari comporta L’obbligo per i datori di lavoro di versare mese per mese la quota di retribuzione accantonata a titolo di TFR al Fondo Pensione prescelto dal lavoratore.
Nelle aziende con almeno 50 dipendenti, il datore perde di fatto la disponibilità di tali quote dovendole conferire ad un apposito fondo (c.d. Fondo Tesoreria) istituito dalla Legge 296/2006 presso la Tesoreria dello Stato e gestito dall’Inps.
Il Fondo Tesoreria erogherà le prestazioni secondo le modalità previste dall’art. 2120 c.c.
Anche il calcolo del Tfr ha subito nel tempo delle modifiche infatti la della Legge 297/1982, prevedeva, in caso di cessazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, la corresponsione al lavoratore di un’indennità di anzianità proporzionale agli anni di servizio. L’ammontare dell’indennità (conosciuta come liquidazione) era determinata in base all’ultima retribuzione e in relazione alla categoria di appartenenza del prestatore di lavoro.
Il calcolo dell’indennità di anzianità seguiva modalità diverse a seconda che si trattasse di impiegati o di operai:
- per gli impiegati si moltiplicava l’ultima retribuzione mensile per il numero di anni di servizio maturati presso la stessa azienda;
- per gli operai si moltiplicava l’ultima retribuzione oraria per il numero di ore annue (fissato convenzionalmente dalla contrattazione collettiva di categoria) e quindi per il numero di anni di servizio.
Secondo l’art. 2120 Codice Civile, come modificato della L. 297/1982, il TFR si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari, e comunque non superiore, all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5 (art. 2120 c.c., c. 1).
In caso di sospensione del rapporto di lavoro nel corso dell’anno per infortunio, malattia, gravidanza e puerperio, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l’integrazione salariale, deve considerarsi quale base per il calcolo del TFR da accantonare l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto stesso (art. 2120 c.c., c. 3).
La quota di TFR accantonata, ad eccezione di quella maturata nell’anno in corso, deve essere incrementata al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso dell’indice Istat (art. 2120 c.c., c. 4).
Per i lavoratori in forza alla data del 1° giugno 1982,il TFR verrà calcolato con il sistema misto, per gli anni di lavoro anteriori alla L. 297 del 1982 , si calcola la retribuzione di maggio 1982 per gli anni di servizio maturati fino al 31/05/82 e l’importo ottenuto viene rivalutato anno per anno, sempre in base alle tabelle Istat.
Per i periodi successivi al 1/06/1982 il calcolo viene effettuato in base all’art 2120 c.c.
Il TFR spettante sarà dunque costituito dalla somma degli importi ottenuti con i due criteri di calcolo.
L’art. 2122 stabilisce che, in caso di morte del lavoratore, il TFR maturato fino alla data del decesso sia corrisposto sotto forma di indennità sostitutiva ai superstiti.
Ne hanno diritto il coniuge, i figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, anche i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo. In mancanza di tali persone, l’indennità è attribuita secondo le regole della successione testamentaria o legittima.
E possibile per il lavoratore richiedere un anticipazione del TFR (art. 2120 c.c. commi 6 – 11) in base a determinate condizioni:
- il lavoratore deve avere maturato almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro;
- l’anticipazione deve essere contenuta nei limiti del 70 % del trattamento spettante nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta;
- l’anticipazione deve essere altresì contenuta nei limiti del 10 % degli aventi titolo e, comunque, del 4 % del numero totale dei dipendenti. ;
- l’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro (art. 2120 c.c., c. 9).
La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di:
- per spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti da strutture pubbliche;
- Per acquisto della prima casa di abitazione per seo per i figli, deve essere documentato con atto notarile; per spese sostenute durante i periodi di utilizzo di congedi parentali o per spese di formazione del lavoratore.
Per terminare è importante ricordare che l’art 2 della L. 297/82 ha istituito presso l’INPS il Fondo di Garanzia per il TFR, questo fondo ha lo scopo di erogare al lavoratore dipendente o suoi aventi causa il TFR in caso di insolvenza da parte del Datore di Lavoro; i casi in cui può essere richiesta l’erogazione del TFR da parte del Fondo di garanzia sono definiti dallo stesso art. 2 della Legge 297/1982 (commi 2 – 5); essi sono: Il Fallimento; il Concordato Preventivo e la Liquidazione Coatta Amministrativa.
di Marina Parente, consulente del lavoro per il Magazine Condominio Zero Problemi