Posts From ottobre, 2021

Obblighi e doveri dell'amministratore di condominio con l'entrata in vigore del Green Pass

GREEN PASS E CONDOMINIO
L'obbligo di certificazione vaccinale sul luogo di lavoro ha effetti anche sul condominio. Vediamo quali sono i lavoratori a cui l'amministratore di condominio è tenuto a chiedere il green pass e quali no e quali sono le circostanze in cui è obbligatorio.

Ebbene si! Anche il condominio è investito dagli amministratori derivanti dal decreto legge del 21 settembre 2021, anche se nulla, come già successo in passato, è direttamente previsto dalla norma per l'ei condomini.

Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, salvo eventuali proroghe dello stato emergenziale dovuto alla pandemia da Covid-19,  anche l'amministratore di condominio in quanto lavoratore autonomo  non potrà accedere al proprio ufficio privato e nei luoghi in cui si svolge il proprio lavoro, il condominio, se è sprovvisto dell'ormai famigerato  green pass . Inoltre anche i dipendenti ei collaboratori dell'amministratore possedere possedere, per svolgere le loro mansioni, della  certificazione verde Covid-19 .

Lo stesso discorso vale per i  portieri , i  pulitori  ei  custodi  degli stabili condominiali, il cui controllo spetta all'amministratore in quanto datore di lavoro. Vi è infatti un  rapporto di lavoro dipendente .

Discorso diverso è invece per tutti gli altri soggetti che lavorano in ambito condominiale, quali tecnici, consulenti, idraulici, elettricisti, ascensoristi, muratori, manutentori degli impianti centralizzati, addetti alle pulizie, ecc. Per questi soggetti  non sarà l'amministratore che avrà l'onere di verificare il possesso del green pass,  ma sarà onere del datore di lavoro dell'azienda esterna. L'amministratore prudente si limita a una richiesta ed ottenere dalle rispettive imprese che lavorano presso il condominio amministrato  un'autocertificazione sottoscritta  da queste dalla quale presso che i lavoratori che vengono invitati a il condominio siano muniti di green pass.

Vediamo cosa prevede al riguardo l'Autorità Garante della Privacy.  La quale ribadisce che “ non è consentito al datore di acquisire alcun dato relativo al green pass ”, ma è consentito esclusivamente la sua verifica attraverso l'apposita applicazione “Verifica C19”.

Veniamo adesso alle  assemblee condominiali . La domanda che ci poniamo è la seguente:  vi è l'obbligo del green pass per partecipare all'assemblea?  Anche qui nulla dice il decreto legge.

Però dall'esame di altri aspetti della norma si può desumere che se l'assemblea viene svolta in palestre, ristoranti, sale private, ecc. l'obbligo esiste eccome, ma  non sarà richiesto dell'amministratore verificare il possesso della certificazione , ma del gestore del locale dove si svolge l'incontro. In ogni caso è onere del  presidente dell'assemblea condominiale  verificare sempre che l'amministratore sia in possesso del green pass in quanto presente sul luogo dove svolge il proprio lavoro, oltre alle altre verifiche di cui è investito dalle norme in tema di condominio. Restano inoltre invariate tutte le altre precauzioni che si debbono tenere per il normale svolgimento delle assemblee in sicurezza, ovvero l'obbligo della mascherina, il distanziamento e la sanificazione degli ambienti.

di Battista Praino, amministratore di Condominio Zero Problemi 

Manutenzioni Condominiali

 

Il cosiddetto “studio di fattibilità”, ormai d'obbligo per accedere ai vari bonus previsti dal decreto, andrebbe fatto sempre. Ce lo chiede il rispetto verso la nostra città.

Tra gli argomenti più dibattuti da qualche mese a questa parte all'interno delle assemblee condominiali spicca senza dubbio la ristrutturazione degli immobili, attraverso incentivi e bonus legati al “Decreto Rilancio”. Certo, è ovvio che l'opportunità di usufruire di scontistiche e detrazioni conduca ad una sorta di “frenesia” esasperata nella ricerca di mettere a posto le condizioni di fabbricati fatiscenti, spesso trascurati per decenni.

Mettiamo ora da parte per un attimo le questioni legate alle argomentazioni strettamente tecniche e burocratiche, alla legittimità delle preesistenze urbanistiche, agli accordi con istituti di credito e tutto ciò che ci ha affollato la mente con numeri e percentuali di ogni sorta negli ultimi otto mesi. Facciamo uno sforzo e tentiamo di contestualizzare il tutto sulla città che abitiamo, nientemeno che Roma Capitale. L'abitudine di viverla quotidianamente ci fa dimenticare troppo in fretta che Roma non è una cittadina nata negli anni Venti per fornire alloggio ai minatori in un luogo sperduto tra le montagne.

Roma è una città monumentale millenaria, un'opera d'arte viva di cui tutti dobbiamo sentirci responsabili e verso cui abbiamo degli obblighi: ognuno di noi, proprietario di un'unità immobiliare all'interno della Capitale, concorre nel periodo storico in cui la vive a contribuire, se non al miglioramento, quantomeno al mantenimento di una metropoli in cui, per dirne una, il centro storico appartiene al patrimonio Unesco. L'attenzione che dunque si pone nei confronti di opere integrali sui tetti ed intere facciate al grido di “Grazie al bonus non paghiamo!” essere necessario in anche modo significativo per tutte le attività che si sommati conducono un impatto totale sul territorio.

Il cosiddetto “di fattibilità”, ormai d'obbligo per accedere ai vari bonus previsti dal decreto, e fatto sempre – anche solo idealmente e con le produzioni per qualsiasi intervento, anche di piccola entità. Ognuno di noi dovrebbe ragionare sull'impatto che possono avere le micro-attività sugli edifici, realizzare indiscriminatamente e spesso in autonomia, in cui motocondensanti esterne, antenne, tettoie improvvisate, tubazioni a vista e cavi “volanti” creare un quadro degradante e incoerente rispetto al contesto. Prima di fissare una grondaia legandola con lo spago per l'arrosto, facciamolo uno “studio di fattibilità” di cinque minuti, solo col pensiero. Perché Roma Capitale lo merita anche quando l'Agenzia delle Entrate non fa credito.

Magazine Condominio Zero Problema

La liberatoria

QUELLA “LIBERATORIA CONDOMINIALE” CHE CREA TANTA CONFUSIONE
Il documento che di solito si chiede all'amministratore prima di vendere un immobile per accertare lo stato dei pagamenti è fondamentale per una corretta vendita e per evitare contenziosi futuri.

 

Tra i numerosissimi compiti dell'amministratore vi è anche quello di “fornire al condomino che ne faccia richiesta attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso” (articolo 1130del codice civile).

Questa “attestazione” viene nella prassi chiamata “liberatoria” ma in effetti non libera da alcun obbligo l'amministratore di condominio e tanto meno il condomino, come ora vedremo.

La necessità del proprietario di ottenere questo documento nasce quasi sempre  in occasione di un atto di vendita  della propria unità immobiliare posta all'interno di un condominio. La liberatoria può essere richiesta da un condomino all'amministratore anche in un sistema di proprietà o soltanto per accertare della regolarità dei propri pagamenti.

Solitamente però  l'attestazione in parola  viene richiesta, come dicevamo sopra, in occasione di una compravendita o comunque in occasione di un trasferimento a qualsiasi titolo di un diritto reale (per lo più: nuda proprietà, usufrutto, diritto di abitazione), al fine di mettere a conoscenza il terzo acquirente della posizione debitoria o creditoria del condomino cedente.

E l'acquirente fa bene a preoccuparsi di tale attestazione, in quanto a norma dell'articolo 63delle disposizioni di attuazione del codice civile: “Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidamente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso ea quello precedente.”

Soffermandoci brevemente su tale norma, occorre sottolineare come il meccanismo del subentro dell'acquirente nei debiti condominiali del venditore, limitatamente a quelli dell'anno in corso ed a quello precedente, opera unicamente nel rapporto con il condominio e non anche nel rapporto interno tra alienante ed acquirente. Pertanto, in tale ultimo rapporto,  ognuno paga le spese sorte nel periodo in cui è stato condomino . Ciò significa che, se da un lato, nei rapporti con il venditore, l'acquirente risponde soltanto per le spese condominiali sorte dal momento in cui è divenuto condomino,  dall'altro ha diritto di rivalsa nei confronti del venditore  stesso allorché sia ​​stato chiamato dal condominio a rispondere di obbligazioni nate in epoca anteriore all'acquisto.

Guardando la problematica dal punto di vista pratico dell'acquirente e del venditore, va quindi chiarito che:

  • l'acquirente deve richiedere al proprietario di procurarsi tale attestazione, in quanto l'amministratore non potrebbe rilasciarla direttamente al nuovo acquirente, né all'agenzia immobiliare o ad altro soggetto che non sia delegato dal proprietario;
  • una volta ottenuta l'attestazione il venditore la consegnerà in originale all'acquirente;
  • l'acquirente la consegnerà al notaio rogante.

Tale procedura può essere svolta con la collaborazione dell'agenzia immobiliare, quando presente nella trattativa e la consegna del documento potrà essere materialmente conseguito anche a persona diversa dal proprietario, purché quest'ultimo rilasciato una delega, anche se oggi il modo abituale di consegna è quello tramite posta elettronica. A tal proposito è sicuramente più opportuno da parte dell'amministratore l'utilizzo della firma digitale del documento e la trasmissione a mezzo posta elettronica certificata.

Ottenuta l'attestazione il venditore e l'acquirente potrà regolare di conseguenza e studiare, eventualmente con l'aiuto di loro consulente e preferibilmente con la consulenza del notaio che dovrà stipulare l'atto di trasferimento o stipulare di diritti reali, la soluzione più idonea , nel caso vi siano ancora da adempiere da parte del proprietario e in particolare pagamenti di spese condominiali in sospeso e non solo.

Abbiamo visto infatti che l'attestazione deve contenere informazioni non soltanto sullo stato dei pagamenti degli oneri condominiali ma anche sull'esistenza delle eventuali liti in corso.

È necessario dunque che il venditore collabori fattivamente per l'ottenimento dell'attestazione e per l'adempimento materiale dei suoi necessari in tempi necessari per fornire all'acquirente e al non tutte le informazioni necessarie per la conclusione dell'operazione in piena serenità.

Infatti, anche e soprattutto quando vi siano requisiti del venditore ancora da adempiere, è tutto interesse anche di quest'ultimo che  la trattativa si concluda in fretta e con la massima trasparenza , in quanto eventuali omissioni di informazioni porteranno creare nervosismi, litigi e rinvio della stipula o addirittura condurre a contenziosi giudiziari.

Naturalmente per poter ancora sottovalutare l'entità degli obblighi eventualmente facenti capo al venditore, è necessario che l'attestazione dell'amministratore di condominio contenga il maggior numero di informazioni possibili. Dovrà quindi contenere sia un riferimento alle spese ordinarie che a quelle straordinarie, all'esistenza di eventuali delibere già assunte dell'assemblea senza pagamento di importi a carico del venditore (anche se con lavori ancora da eseguire) all'esistenza di fondi, per lavori da eseguire o ad altro titolo. A tal proposito va posta  particolare attenzione a condominii che hanno dipendenti  (solitamente il portiere), perché è senz'altro opportuno disporre nell'attestazione se il condominio abbia istituito un fondo per il trattamento di fine rapporto.

Non dobbiamo dimenticare che l'attestazione in argomento non è solo indispensabile nel caso di trasferimento della proprietà a titolo oneroso (e cioè quando avvenga in cambio di corrispettivo in denaro o di altro tipo), ma anche quando avvenga a titolo gratuito (donazione o altro trasferimento senza corrispettivo). Il soggetto subentrante, infatti,  deve sottovalutare la convenienza dell'accettazione del trasferimento  e potrebbe darsi il caso che il valore netto del trasferimento sia negativo o comunque fortemente ridotto, ove le spese condominiali siano comunque alte da eliminare il valore della proprietà trasferita o non rendere l'operazione così appetibile.

possiamo quindi con la consapevolezza che:

La cosiddetta “liberatoria” non può liberare nessuno dai propri o dagli altrui obblighi : non l'amministratore, che è il soggetto che deve verificare che tali obblighi siano adempiuti; non il proprietario che intende trasferire la proprietà, che tali requisiti deve adempiere, con riferimento a tutti quelli sorti in dati antecedente quello del trasferimento, anche se ne sia venuto a conoscenza dopo il trasferimento stesso; non il soggetto subentrante, che oltre a dover adempiere ai propri obblighi sarà anche solidamente responsabile per quelli sorti prima dell'acquisto, limitatamente a quelli dell'anno in corso al momento dell'acquisto stesso e all'anno precedente.

Nel caso emergano dalla suddetta attestazione degli  obblighi ancora da adempiere occorre portarli tempestivamente a conoscenza del notaio , che suggerirà alle parti, in relazione all'entità degli obblighi e ad altri elementi da valutare nel caso concreto, quali soluzioni.

L'attestazione rilasciata dall'amministratore di condominio non solo è utile ma indispensabile, sia per il corretto svolgimento dei rapporti tra venditore ed acquirente (o comunque in tutti i casi in cui si conferma il subentro di un soggetto ad un altro) sia per poter stipulare un atto notarile che garantisca entrambe le parti ed infine per evitare liti posteriori al trasferimento di proprietà. Ed è proprio questo compito principale del notaio: oltre che garantire la buona proprietà dell'immobile ed il suo regolare trasferimento, anche  evitare la formazione di tenziosi .

di Mercurio Paolo Dragonetti, notaio per il Magazine Condominio Zero Problemi

Mercato immobiliare internazionale

REAL ESTATE, COME LA PANDEMIA HA CAMBIATO IL MERCATO
Il Covid ha mutato il mercato immobiliare spostando l’attenzione verso case ed uffici con caratteristiche diverse da prima.
È questo il momento di comprare e dove conviene investire nei prossimi mesi e anni?
Ce lo spiega un esperto del mercato internazionale.

Mentre nell’ultimo anno la pandemia si è diffusa in tutto il mondo, il mercato immobiliare si sta riadattando al nuovo panorama degli investimenti e delle transazioni. La sfida più grande per investitori, sviluppatori immobiliari e finanziatori dei mercati europei e globali riguarda la differenziazione tra effetti immediati e duraturi dell’attuale crisi, nonché il loro orizzonte temporale.

Il Covid-19 ed il suo impatto variano da paese a paese, da regione a regione, da città a città. È principalmente legato all’approccio dei politici e dei cittadini e alla loro risposta alle situazioni pandemiche.

In tutta Europa, i diversi mercati locali sono stati influenzati dalla pandemia in vari gradi. La durata ed intensità dei lockdown, nonché la dipendenza dei paesi dal turismo, dai servizi o dall’industria manifatturiera per sostenere l’economia interna, sono tutti fattori che hanno influito sull’andamento del Pil e sui livelli di disoccupazione nel 2020 ed inizio 2021. Un punto di preoccupazione è proprio il tasso di disoccupazione, con il rischio per molti dipendenti di perdita del posto di lavoro non appena i programmi di auto governativi si esauriranno. Parallelamente, le banche centrali continueranno a mantenere bassi i tassi di interesse, fattore che spingerà un maggior numero di investitori verso la ricerca di rendimenti più interessanti.

La maggior parte dei player immobiliari prevede di vedere il “fondo” dei valori delle transazioni entro l’autunno del 2021. Tuttavia, questa prognosi dipenderà fortemente dall’assetclass di riferimento. Analizziamo quindi nel dettaglio andamento e prospettive nei settori principali settori del real estate.

Residenziale, colpito ma non affondato

Il mercato immobiliare residenziale ha sicuramente subito duri contraccolpi dall’avvento della pandemia, ma non tutti i componenti sembrano esser stati colpiti con la stessa intensità. Gli effetti si sono fatti sentire soprattutto sul mercato delle locazioni, su cui hanno influito la difficoltà di movimento e l’incertezza economica dei conduttori, aspetti che hanno generato una forte riduzione della domanda rispetto all’offerta, con conseguente inevitabile diminuzione dei prezzi di locazione.

Discorso diverso invece per quanto riguarda le compravendite. Da un lato la situazione economica non favorevole e l’incertezza nel futuro hanno ridotto nel breve periodo il numero delle transazioni, dall’altro la presenza della pandemia ha spinto un numero cospicuo di acquirenti verso la ricerca di case più grandi che possano ospitare un numero maggiore di membri della famiglia, o che permettano di avere più stanze a disposizione per svolgere smartworking o lezioni scolastiche online. La tendenza è quindi quella di spostarsi verso immobili più vicini alla periferia, dove i prezzi sono minori e gli spazi più grandi.

Un fattore molto importante che non deve essere trascurato consiste nel bisogno delle persone di acquistare casa, bisogno che non ha mai subito un blocco drastico, neppure durante la pandemia.

Analisi a parte merita il settore del turismo e degli immobili ad esso connessi, normalmente affittati per brevi periodi. Si tratta di una parte del settore immobiliare ancora in crisi, proprio perché vi è un forte arresto turistico dovuto all’impossibilità di viaggiare liberamente. Nelle grandi città europee molti di questi immobili che prima erano nel mercato short term (brevi periodi) sono stati offerti nel mercato delle locazioni a lungo termine, generando un aumento e conseguente riduzione dei prezzi delle locazioni a lungo termine.

Uffici, tra presente e futuro

In merito all’assetclass degli uffici, le attuali tendenze sono da valutare con attenzione ed è essenziale distinguere tra gli effetti a breve e a lungo termine.

Negli ultimi anni la domanda di spazi per uffici nei mercati europei è stata trainata prevalentemente da aziende IT e BPO. Queste aziende affittano aree più grandi di quelle di cui hanno bisogno (in alcuni casi anche il 20-30% in più di spazio), al fine di garantire la loro rapida crescita, tale tendenza potrebbe in futuro cambiare.

Nel breve termine il trend per il mercato immobiliare degli uffici non è sicuramente positivo ed il settore sta soffrendo particolarmente a causa di diversi fattori, tra cui la recessione dell’economia, il conseguente aumento della disoccupazione e le nuove tendenze in tema di spazi ad uso ufficio.

Proprio questo ultimo aspetto ha un’incidenza rilevante su questo tipo di assetclass. Molte aziende, infatti, sull’onda dello smartworking stanno valutando di ridurre i loro requisiti in termini di spazio, con particolare attenzione al taglio dei costi. Queste tendenze avranno come conseguenza quella di esercitare nel breve periodo una pressione al ribasso sulle locazioni ed aumentare gli spazi di uffici disponibili sul mercato.

Una volta che la crisi Covid-19 sarà finalmente un ricordo, prevediamo tuttavia che i piani delle aziende possano cambiare nuovamente, con i dipendenti che probabilmente rivalorizzeranno l’importanza di uno spazio da condividere con i colleghi di lavoro.

Una formula che ha già ottenuto successo in periodo pre-pandemia e che sicuramente continuerà il suo trend negli anni a venire, è quella degli uffici flessibili (cd. Servicedoffices) e degli spazi di coworking.

Riteniamo quindi che gli uffici rimarranno una componente fondamentale della nostra vita. Tuttavia, sempre più operatori chiedono flessibilità e sta cambiando il modo in cui vengono utilizzati gli spazi di lavoro.

Retail e logistica, l’avvento dell’e-commerce

Le previsioni iniziali sull’andamento del mercato immobiliare retail sono state capovolte a causa del covid-19 e della brusca frenata che esso ha provocato per questo settore.

Sicuramente questo è uno dei segmenti immobiliari che sono stati maggiormente colpiti dalla pandemia e dalle sue conseguenze. Si può affermare infatti che la ripresa della categoria in questione sia ancora molto lenta, proprio perché le chiusure si sono prolungate e alcune ancora sono attive. Il lockdown pesa molto sulle attività commerciali retail, con una conseguente richiesta di riduzione dei canoni di locazione. Ciò rappresenta un cambio di rotta piuttosto drastico, considerando che a fine 2019 le aspettative per il mercato immobiliare in questo settore vedevano gli investimenti in crescita per quanto riguarda gli “high streetshops”, ossia il mercato delle vie principali dello shopping.

Parallelamente alla crisi del settore retail, vi è invece sempre maggiore interesse e richiesta per il settore immobiliare della logistica, ovvero quella parte di mercato che si occupa di immobili destinati ad attività di stoccaggio, come per esempio magazzini, ma anche box dove sistemare la merce, prima che venga distribuita ai centri di vendita.

Il proliferare delle attività di e-commerce ha creato una nicchia di mercato per lo stoccaggio, la catalogazione e la spedizione di prodotti. Un trend che era già iniziato nel periodo pre-Covid, a causa della maggiore penetrazione dell’e-commerce in Europa e soprattutto nei Paesi Bassi, in Francia, Nel Regno Unito e in Germania.

Senior housing e Co-Living, i settori del futuro?

Alla luce dei cambiamenti che stiamo attraversando, occorre dunque chiedersi quali saranno i settori su cui punterà l’industria del mattone. In prima linea ci sono sicuramente quelli del “senior housing”, il mercato rivolto agli over 65 ed il settore del co-living, rivolto invece ai giovani di età compresa tra i 25 e 35 anni.

Per quanto riguarda il “senior housing” la dinamica demografica e l’età media della popolazione in aumento sono fattori strettamente correlati alla diffusione di questo tipo di strutture. Tali abitazioni si caratterizzano per l’offerta di servizi comuni e personalizzati di supporto ai residenti e per la presenza di aree comuni che favoriscono la socializzazione. Si tratta quindi di strutture che hanno l’obiettivo di incentivare l’aggregazione e favorire la socialità. Il settore si sta affermando negli ultimi anni in paesi come il Regno Unito, la Francia e la Germania e riteniamo possa continuare a crescere.

Discorso simile per il settore del co-living, rivolto invece ai più giovani. Si tratta di residenze dove giovani professionisti possono condividere la vita di tutti i giorni in strutture che offrono spazi, zone comuni ed attività per favorire la socializzazione. Un modello quindi in ascesa tra le varie fasce di età della popolazione e destinato a ricreare quello spirito di comunità oggi ancor più ambito dopo mesi di solitudine forzata.

di Marco Fasanella, Avvocato LLM, Founder&Director of Habitat Investments Ltd per il Magazine Condominio Zero Problemi

Usucapione e Condominio

LA VENDITA PER POSSESSO DI UN BENE IMMOBILE
Spesso l’accertamento giudiziale dell’usucapione può risultare un percorso lungo, tortuoso, pieno di ostacoli e molto costoso, a volte anche più dispendioso del reale valore del bene. Una veloce panoramica sulla vendita dei beni usucapiti.

Può capitare che il legittimo proprietario di un bene immobile abbandoni la sua proprietà, che viene di fatto acquisita da un terzo, da suoi parenti o da amici che continuano a utilizzarla come se fossero proprietari. L’ipotesi è frequente per i terreni, le case rurali e per gli immobili abbandonati dai legittimi proprietari o per i cespiti rimasti invenduti dalle stesse società immobiliari che in seguito, cessando l’attività, hanno lasciato beni ancora a loro intestati.

La proprietà, come è noto, si può acquisire anche per usucapione, esercitando sul bene un possesso come se si fosse proprietari, pertanto la proprietà si trasferisce a chi utilizza il bene immobile quale proprietario. A disciplinare l’istituto dell’usucapione è l’art. 1158 del codice civile il quale, in via generale, prevede che la proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistino in virtù del possesso continuativo per venti anni. Senza soffermarci sui requisiti tipici dell’usucapione, ci soffermeremo invece sull’accertamento della proprietà che può avvenire giudizialmente, o anche mediante un organo di mediazione.

La procedura più comune per vedersi riconosciuta la proprietà a tutti gli effetti erga omnes è l’accertamento giudiziale. Chi ritiene infatti di averne diritto, incardina un giudizio davanti al tribunale, al quale chiede di accertare l’acquisto a titolo originario del bene immobile per usucapione, e di dichiarare pertanto l’acquisto della proprietà. Ma spesso l’accertamento giudiziale dell’usucapione può risultare un percorso lungo, tortuoso, pieno di ostacoli e molto costoso, spesso anche più dispendioso del reale valore del bene. Per questi motivi spesso il nuovo possessore del bene usucapito si accontenta di occupare il bene pensando che tanto nessuno mai lo rivendicherà.

Il problema sorgerà invece quando il possessore deciderà di vendere il bene usucapito, infatti senza avere un titolo di proprietà in mano (dato da una sentenza o dalla mediazione), la vendita può sembrare complessa o quasi impossibile; la soluzione è “la vendita per possesso”.

La vendita per possesso è il trasferimento della proprietà di un bene immobile a un terzo da parte di chi non risulta reale intestatario del bene immobile nei pubblici registri, ma che dichiara dinanzi a un notaio, sotto la propria responsabilità, di esserne il reale proprietario per aver esercitato sul bene il possesso ad usucapionem richiesto dalla legge.

La legittimità di questo atto è regolamentata, anche se indirettamente, dall’art. 1159 del codice civile (vendita di cosa altrui) che disciplina l’usucapione breve o decennale: “colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario un immobile in forza di un titolo a trasferire la proprietà e che sia stato debitamente trascritto, ne compie l’usucapione in suo favore col decorso di dieci anni dalla data della trascrizione”.

 

 

L’ipotesi dell’usucapione breve si riferisce a un titolo capace di trasferire un immobile con la regolare trascrizione; potendo pertanto essere trascritti solo gli atti pubblici e le scritture private autenticate (oltre ovviamente alle sentenze di domande giudiziali) è chiaro che il testo di tale norma fa riferimento all’atto notarile mediante il quale viene trasferita la proprietà da parte di chi non è proprietario.

La vendita per possesso può portare in certi casi ad alcuni rischi. Infatti, la titolarità del bene immobile viene dal notaio trascritta e volturata immediatamente al nuovo proprietario. Tali trascrizione e voltura hanno un effetto universale, erga omnes, ed i terzi sono obbligati ad ammettere la proprietà del nuovo intestatario ancorché l’abbia ricevuto da un alienante non intestatario.

L’unico soggetto legittimato a contestare la dichiarazione dell’alienante di aver usucapito il bene, è l’intestatario originario dell’immobile per riottenerne così a suo favore l’intestazione, ma a questo punto sarà proprio quest’ultimo a dover intraprendere una causa civile lacunosa, affrontandone i relativi costi.

L’alienante in caso di insurrezione nel giudizio sarà tenuto a risarcire il danno nei confronti sia dell’acquirente che del proprietario originario dell’immobile.

Una interessante sentenza della Corte di legittimità (Cassazione Civile, sezione II – 12 dicembre 2018 n. 32147) affronta un tema complesso e di grande rilievo: la vendita di beni usucapiti, il cui acquisto non sia stato cristallizzato in una pronuncia di accertamento.

Il trasferimento secondo questa importante sentenza deve ritenersi consentito e lecito, tuttavia al notaio che redige l’atto sono imposti ben precisi doveri di informazione dell’acquirente, sui rischi che un simile atto traslativo comporta.

 

Il notaio deve agire nella stipula in modo avveduto, è suo obbligo raccogliere le dichiarazioni dell’alienate ed avvertire l’acquirente delle conseguenze positive ma anche negative nell’ipotesi di azione rivendicatoria da parte dell’intestatario.

Il notaio dovrà inserire espressamente nell’atto sia la dichiarazione del venditore sotto la sua responsabilità, sia l’avvertimento all’acquirente dei rischi che questo atto comporta. L’acquirente dichiarerà dinanzi al notaio di ricevere ciononostante l’atto di trasferimento, comprendendone i rischi ed esonerandolo da ogni responsabilità in caso di possibile azione rivendicatoria. Il notaio prenderà atto della dichiarazione dell’acquirente riportandola fedelmente nell’atto.

In conclusione possiamo affermare che, in presenza di requisiti, la vendita per possesso rappresenta un istituto che facilita la circolazione dei beni immobili consentendone il trasferimento senza attendere i tempi delle pronunce giudiziarie.

di Gian Piero Sponzilli, avvocato per il Magazine Condominio Zero Problemi

QUANDO SI DEVE PRESENTARE IL RENDICONTO

IL RINVIO DEI RENDICONTI A CAUSA DEL COVID
Il Governo ha prima sospeso e poi prorogato i termini per la presentazione dei rendiconti di gestione da parte degli amministratori. Cosa c'è da sapere e cosa chiedere al proprio amministratore.

Ai sensi dell'articolo 1130, comma 1, n. 10 del Codice civile l'amministratore deve “redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorni” dalla chiusura dell'esercizio.

Durante il periodo di lockdown provocato dalla pandemia di Covid19, in presenza dello stato di emergenza sanitaria,  il termine dei 180 giorni è stato sospeso.

L'articolo 63bisdel decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, recante “Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia” (convertito in legge n. 126 del 14 ottobre 2020), aveva stabilito che il “termine di cui all'art.1130 cc era sospeso fino alla cessazione dello stato di emergenza da Covid19”. Un termine già slittato più volte: lo stato di emergenza infatti ha acquistato chiudersi il31 gennaio, poi è stato spostato al 30 aprile e con il recente  decreto legge n. 52 del 22 aprile 2021 , è stato nuovamente rinviato al 31 luglio 2021.

pertanto, attualmente, i 180 giorni entro cui redigere il bilancio e convocare l'assemblea  cominceranno a decorrere dal1° agosto  e, ulteriori proroghe dello stato di emergenza sanitaria,  l'amministratore avrà tempo fino al 28 gennaio 2022 per adempiere.

Tali adempimenti sono molto importanti perché permettono ai condomini di poter conoscere l'operato e le risultanze della gestione dell'amministratore.

L'inosservanza della rendicontazione (articolo 1129, comma 11 del codice civile) e l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto (articolo 1129, comma 11, n. 1 del codice civile) sono premurosi, infatti,  “gravi irregolarità”  e possono essere motivi di revoca dall'autorità giudiziaria su ricorso di ciascun condomino.

Della sospensione ne beneficeranno i rendiconti della gestione 2020 e tutti quelli cui termine non era ancora decorso al momento dell'entrata in vigore dell'art. 63 bis (14 ottobre 2020).

Per la rendicontazione relativa alla gestione 2019, i 180 giorni erano già decorsi prima dell'entrata in vigore dell'articolo citato anche se, non si può non tener conto del fatto che, nel corso di tale semestre la pandemia, era già diffusa e sussistevano incertezze sulla possibilità di convocare le assemblee.

La sospensione, in effetti, riguarda il decorrere dei termini  per la redazione e per la convocazione dell'assemblea  ma non la redazione e la convocazione che sono atti dovuti da parte dell'amministratore.

Fin dall'inizio della pandemia, nessun provvedimento governativo ha vietato le assemblee in presenza anche se era (ed è ancora) raccomandato di non convocarle, salvo siano necessarie ed urgenti, nel qual caso occorre rispettare le disposizioni in materia di distanziamento sociale e uso dei dispositivi di protezione individuale In ogni caso ancora oggi il modo preferibile per svolgere le assemblee di condominio è  in modalità  da distanza (riconfermato dal dpcm del 14 gennaio 2021).  

L'amministratore, infatti, può redigere il rendiconto e inviarlo, con la convocazione di assemblea, ai condomini, liberi di non parteciparvi e di non deliberare.

In tal caso si valida  assemblee deserte  o non costituite per mancanza di quorum e, conseguentemente, i bilanci non verranno approvati ma, dal punto di vista formale,  l'amministratore ha adempiuto ai propri diritti  a fronte della partecipazione all'assemblea e dell' approvazione dei bilanci che sono atti di esclusiva competenza dell'assemblea.

Si rammenta, infine, che le rendicontazioni delle gestioni svolte “anni Covid19” non essere “bypassate” o “cumulate” nelle rendicontazioni delle gestioni successive, ma essere oggetto di specifica elaborato ed approvato essendo la rendicontazione annuale.

Nelle more della loro approvazione, l'amministratore potrà riscuotere le rate condominiali di ammontare pari a quelle dell'ultimo preventivo di gestione ordinaria approvato (Cassazione., sentenza n. 24299/2008).

di Luana Tagliolini, giornalista per il Magazine Condominio Zero Problemi

Documentazione impianti in condominio

LOCAZIONI E FRATTI IN TEMPI DI COVID 19

AFFITTI NON PAGATI E SFRATTI BLOCCATI. COSA DICONO I TRIBUNALI?
Da oltre un anno il Governo ha sospeso gli sfratti per gli affittuari morosi colpiti dalla crisi economica legata alla pandemia. Ma non tutte le morosità sono uguali e la giurisprudenza si è già espressa per capire in quali casi non si possa procedere allo sfratto e in quali sì.

Nel nostro Paese è in costante aumento il numero di persone e famiglie che non riescono ad adempiere, nei termini concordati, al pagamento dei canoni di locazione mensilmente dovuti.

Rispetto al passato, questo problema coinvolge non solo soggetti deboli ed emarginati ma fasce più ampie della popolazione, sempre più afflitta dalla crisi economica e dovuto principalmente alla  perdita del posto di lavoro .

Il problema sociale dell'emergenza abitativa in Italia, ed in particolare nel Comune di Roma, si è accentuato notevolmente con la richiesta causata dal Covid19 che è aumentato in maniera esponenziale la  disgregazione  soprattutto per morosità.

Lo sfratto, nell'ordinamento giuridico italiano, si distingue in due tipologie: o per locazione, che può essere azionato solo dopo la scadenza naturale di un contratto, o per morosità, ai sensi dell'art. 658 del codice di procedura civile nell'ipotesi in cui il conduttore si sia reso  inadempiente nel pagamento dei pattuiti canoni  di locazione.

L'arrivo della pandemia da Covid 19 ha avuto un immediato impatto anche sui contratti di locazione commerciale e ha portato il Governo a intervenire più volte in tema di sfratti per morosità, limitandone l'esecuzione.

La prima limitazione all'esecuzione è stata introdotta il 17 marzo 2020 dall'articolo 103, 6° comma, del decreto legge n. 18, con efficacia sino al trenta giugno 2020, successivamente prorogata al 1° settembre 2020 in sede di conversione con la legge 24 aprile 2020,n. 27.

Tale termine è stato nuovamente posticipato al 31 dicembre 2020 , con l'approvazione e la successiva pubblicazione del decreto leggen.34 del 19 maggio 2020, ed infine, con successiva normativa tutt'ora vigente, rinviato ulteriormente sino al 30 giugno 2021 (art. 13, 13° comma, del dl 31 dicembre 2020, n° 183). Naturalmente salvo ulteriori proroghe successive alla redazione di questo articolo.

Diversi sono stati i provvedimenti giurisdizionali sull'applicazione di tali norme, anche disorientamento su normesseguiti, che si sono susseguiti.

Uno dei primi uffici giudiziari ad occuparsi della fatti specie è stato il Tribunale di Roma. Il giudice competente, con ordinanza n.  45986 del 16 dicembre 2020 ,  a conclusione della fase introduttiva del giudizio per convalida di sfratto per morosità, ha disposto  il rilascio di un immobile locato  a fini commerciali  in danno di una società che si era resa morosa per diverse mensilità.

In maniera diametralmente opposta, si è espresso, invece, il  Tribunale di Trani con ordinanza del 1 settembre 2020 , nella quale il giudice, a scioglimento della riserva assunta nel corso della prima udienza, ha così disposto:  “(…)  letto l'art . 91 del DL n. 18/2020  che ha stabilito che il rispetto delle misure di contenimento legato all'emergenza epidemiologica da Covid-19 è sempre valutato ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 cc, della responsabilità del debitore, anche relativo all'applicazione di eventuali decadenze o penali connessi a ritardati o omessi adempimenti  (…) rilevato che risulta avanzata richiesta di riduzione del canone di locazione in dati anteriore all'intimazione di sfratto e dopo l'intimazione vi è stato, comunque, un parziale pagamento  (…)  rigetta l'istanza di rilascio  e dispone il mutamento del rito per il prosieguo (…).” 

Tale  pronuncia merita un'analisi approfondita allo scopo di con precisione le ragioni per le quali  il magistrato ha deciso di non ordinare l'immediato rilascio dell'immobile,  da parte del conduttore moroso.

La decisione del giudice si basa sull'art. 91 del dl 18/2020  – il “decreto cura Italia” – il quale ha stabilito che,  ai fini di responsabilità della responsabilità del conduttore  che si sia reso moroso nel pagamento dei canonioccorrenza sempre gli effetti  che il rispetto delle imposte dalla decretazione d 'urgenza, ha avuto  sulla capacità reddituale del medesimo .

In altre parole, a seguito di una approfondita valutazione del caso concreto, è stata esclusa la responsabilità dell'obbligato in ordine alla morosità che gli è stata imputata, poiché, per effetto immediato e diretto del rispetto delle norme restrittive contenute nei vari dpcm,  il conduttore non ha potuto lavorare  e guadagnare il fatturatole, con ricadute negativo anche nel pagamento del canone di locazione.

Per il giudice pugliese, ciò che effettua  un'esimente da responsabilità per la morosità  maturata in epoca Covid-19,  non è l'evento pandemico in sé stesso (il quale di per sé, non è suscettibile di incidere sul rapporto contrattuale)ma la scrupolosa osservanza da parte del debitore delle norme previste dai dpcm che, imponendo la chiusura, prima totale e poi parziale delle attività commerciali, gli hanno concretamente impedito di lavorare e produrre reddito sufficiente fronte con regolarità agli impegni assunti con il locatore.

Secondo Orientamento racconto, accertata la Corretta Applicazione di un Comportamento rispettoso dei Divieti contenuti Nella decretazione d'urgenza Una tutela della Salute Pubblica,  si dovra esaminare la buona fede e La Diligenza del conduttore  e, ove esistenti rinvenuti, si potra ritenerli rilevanti per escludere Responsabilità del conduttore nella determinazione dello stato di morosità.

Nel caso di specie, la richiesta di riduzione del canone avanzato in epoca antecedente all'intimazione di fratto pubblicato il pagamento effettuato dall'intimo successivamente alla notifica della citazione per la convalida, hanno riportato il magistrato a ritenere sussistere la buona fede e la diligenza del conduttore (che aveva pedissequamente rispettale decretazioni emerge) e pertanto un non concesso il rilascio immediato dell'immobile.

Non bisogna dimenticare, in Funzione Caso OGNI, Che Nei mesi di crisi dovuta alla  pandemia  sono stati particolarmente colpiti Anche i proprietari degli Immobili ad uso abitativo concessi in locazione. A tutela di questi, che hanno visto ridotti o annullati i proventi dei canoni, lo Stato è intervenuto attraverso l'emanazione di un provvedimento, cosiddetto “Decreto Sostegni”, che tra le tante misure ivi previsti ha concesso anche un bonus denominato “Affitto 2021 ” ”. Per usufruire del predetto bonus  deve ricorrere una serie di presupposti .Nello specifico, è necessario che il contratto di locazione sia in essere dal 29 ottobre 2020, che tale immobile sia adibito ad abitazione principale del conduttore e che il proprietario abbia concesso una riduzione del canone. Infine, l'immobile deve trovarsi in un Comune ad alta densità abitativa, requisito che è stabilito dal comitato interministeriale per la programmazione economica.

L'importo del bonus ammonta al 50% dello sconto applicato al conduttore e, in ogni caso,  fino ad un massimo di 1.200 euro  l'anno per singolo proprietario.

di Filippo Simone Zinelli, avvocato  e Michele Ioppolo, avvocato per il Magazine Condominio Zero Problemi