Posts From novembre, 2023

Morosità condominiale

Quando i condomini in regola rispondono per quelli moroso
Il condomino virtuoso intimato può proporre opposizione per far valere il beneficio di preventiva escussione. Un caso concreto di giurisprudenza.

La morosità in condominio può assumere diversi aspetti uno dei quali in particolare può riguardare il coinvolgimento dei condomini virtuosi nel pagamento delle quote di coloro che, non avendo adempiuto ai propri, espongono il condominio ad azioni legali da parte dei terzi creditori.

Una importante novità è stata introdotta con la riforma del codice del 2012 mediante integrazione dell’art. 63 disp. att., c.c. il quale al comma 1, dispone che l’amministratore “è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi”, e al comma 2 che “i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini”.

In pratica, per le obbligazioni sorte dopo l’entrata in vigore della legge n. 220 del 2012, “l’obbligo di pagamento delle quote dovute dai morosi, posto in capo ai condomini in regola nella contribuzione alle spese, è subordinato alla preventiva escussione di questi ultimi, sicché l’obbligo sussidiario di garanzia del condomino solvente risulta limitato in proporzione alla rispettiva quota del moroso e non invece riferibile all’intero debito verso il terzo creditore” (Corte di Cassazione, ordinanza n. 5043/2023).

Il caso

Sulla base di titoli esecutivi formatisi contro il condominio, la parte creditrice notificava atti di precetto nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti pro quota, senza la preventiva escussione dei condomini morosi. Il giudice di pace aveva rigettato le opposizioni, rilevando la qualità di condomini morosi degli opponenti. Gli stessi impugnavano la sentenza innanzi al tribunale sostenendo la violazione dell’articolo 63 co. 2 c.c.

Il tribunale, accertata la loro regolarità nei pagamenti, rilevava che mancava la prova della preventiva escussione dei condomini morosi da parte della creditrice, sicché la stessa non aveva diritto di procedere ad esecuzione forzata nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti.

Dello stesso tenore l’ordinanza della Corte di Cassazione che rigettava il ricorso della parte creditrice sull’assunto che “il condomino in regola coi pagamenti, al quale (come avvenuto nella specie) sia intimato precetto da un creditore sulla base del titolo esecutivo giudiziale formatosi nei confronti del condominio, ben può proporre opposizione ex art. 615 c.p.c. per fare valere il beneficio di preventiva escussione dei condomini morosi, a norma dell’art. 63, comma 2, disp. att. c.c.”.

 Le motivazioni in favore dei condomini in regola

Nell’ordinanza in commento la suprema corte riporta in modo chiaro ed esaustivo le procedure per una corretta applicazione dell’articolo 63, co. 2 delle disp. att. c.c. al fine di tutelare i condomini da ingiuste aggressioni patrimoniali e salvaguardare anche il diritto del creditore ad ottenere la soddisfazione delle proprie aspettative.

L’articolo 63, comma 2 disp. att. c.c. configura, in capo ai condomini, che abbiano regolarmente pagato la loro quota di contribuzione alle spese condominiali, ed in favore del terzo che sia rimasto creditore (per non avergli l’amministratore versato l’importo necessario a soddisfarne le pretese), un’obbligazione sussidiaria ed eventuale, favorita dal beneficio di escussione avente ad oggetto non l’intera prestazione imputabile al condominio, quanto unicamente le somme dovute dai morosi.

La posizione del condomino in regola con i pagamenti, chiamato dal creditore a rispondere delle quote dovute dai morosi, dopo la preventiva escussione degli stessi, è, pertanto, assimilabile a quella di un fideiussore, sia pure ex lege e rimane obbligato soltanto per la quota di debito proporzionata al valore della sua porzione.

Per “preventiva escussione”, di regola, si ritiene l’esaurimento effettivo della procedura esecutiva individuale in danno del condomino moroso, prima di poter pretendere l’eventuale residuo insoddisfatto al condomino in regola. Essa comporta non soltanto il dovere del terzo di iniziare le azioni contro il moroso, ma anche di continuarle con diligenza e buona fede.

Il creditore del condominio deve dapprima agire contro i partecipanti che siano in ritardo nei pagamenti delle spese per ottenere la condanna, ovvero un titolo esecutivo che permetta di dar corso all’espropriazione dei beni di quello; deve, inoltre, compiere ogni atto cautelare contro i beni stessi, per salvaguardarne l’indisponibilità durante il giudizio diretto alla condanna e deve provare l’insufficienza totale o parziale del patrimonio del condomino moroso preventivamente escusso.

La lettera dell’art. 63, comma 2, disp. att. c.c. (“i creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola”) induce ad affermare che il condomino in regola, convenuto in giudizio dal terzo per il pagamento del restante credito condominiale, possa paralizzare, in via di eccezione, l’azione del creditore, con l’opporre utilmente il beneficio della preventiva escussione del patrimonio del condomino moroso, senza dover perciò necessariamente chiamare in causa quest’ultimo.

Secondo un diffuso orientamento giurisprudenziale, la sentenza recante condanna del condominio per un credito vantato da chi abbia contratto con l’amministratore equivale a sentenza di condanna e quindi a titolo esecutivo nei confronti di tutti i condomini (Cass. Sez. 2, 14/10/2004, n. 20304; Cass. Sez. 3, 29/09/2017, n. 22856; Cass. Sez. 3, 27/06/2022, n. 20590).

Deve quindi ritenersi che il condomino in regola coi pagamenti al quale, come avvenuto nel caso di specie, sia intimato precetto da un creditore sulla base del titolo esecutivo giudiziale formatosi nei confronti del condominio ben può proporre opposizione ex art. 615 del codice di procedura civile per fare valere il beneficio di preventiva escussione dei condomini morosi.

di Luigi De Santis, avvocato per il Magazine Condominio Zero Problemi     www.condominiozeroproblemi.it

In che modalità si svolge l'assemblea nel tuo condominio?

Assemblea online o mista, fondamentale dare atto degli accessi virtuali.

Il principio è semplice nella teoria ma meno nella pratica, purtroppo. Infatti quello che si fa per un’assemblea in presenza lo si dovrebbe fare anche per una online o mista, compresa l’annotazione degli orari di ingresso e uscita dei condomini. Non riportarli pone le deliberazioni a rischio annullamento in quanto non vi è certezza del numero dei condomini presenti al momento del voto. A ribadire questo obbligo è il tribunale di Roma con al sentenza 3.330 del 28 febbraio 2023. “Quello che abbiamo fatto con TUIN» spiega Ludovica Leoni, referente della piattaforma per assemblee online TUIN ideata da Epra nel 2020 «è stato garantire all’amministratore di condominio il pieno rispetto delle normative attraverso strumenti tecnologici che risultassero semplici”. Semplici sì, ma non banali.

TUIN infatti permette il riconoscimento del condomino attraverso codice fiscale e password personale evitando l’utilizzo di link che non garantisce la certa identificazione dell’utente come troppo spesso fanno le comuni piattaforme di videoconferenza. Inoltre TUIN, la nota piattaforma targata Epra, con ormai tre anni di esperienza alle spalle e con all’attivo circa 3.000 assemblee svolte, traccia gli orari di ingresso e uscita compresi quelli dovuti alla perdita della connessione internet.

Inoltre all’amministratore viene data contezza, sempre, del quorum aggiornato in tempo reale, il che gli consente di verificare l’effettiva presenza dei condomini senza dover fare il calcolo manualmente. Altro aspetto fondamentale è che TUIN permette di far votare direttamente il condomino per sé e per eventuali deleganti tracciando non solo la tipologia di voto ma anche chi l’ha espresso. «Per un amministratore può essere complesso gestire assemblee online e miste senza uno strumento efficace» continua Ludovica Leoni “mettere a disposizione una piattaforma che lo liberi da tutte le incombenze tecniche permettendogli di concentrarsi solamente sul contenuto dell’assemblea, è per noi motivo di grande soddisfazione”. Infatti al temine dell’assemblea TUIN permette di scaricare lo “storico di assemblea” ovvero, tutto quello che è accaduto nel corso dell’incontro compreso l’eventuale accesso di tecnici esterni al condominio. Non vi basta per usare TUIN? E se vi dicessimo che da qualche mese la piattaforma scrive il verbale al posto vostro? Vi abbiamo convinto?

di Matteo Marini – Epra srl per il Magazine Condominio Zero Problemi

Lo sai che la ristrutturazione della tua abitazione comporta delle conseguenze?

Ristrutturate casa? Occhio al calcolo dell’IMU
La rendita di un immobile su cui si calcola l’Imu può variare d’ufficio, come spesso accade a Roma, ma può essere causata anche da lavori effettuati dal proprietario che impongono di rivedere il calcolo dell’imposta in corso d’anno.

Il calcolo dell’Imu

Per i fabbricati dotati di rendita catastale la base di calcolo per l’Imu si ottiene partendo dalla rendita catastale iscritta al 1° gennaio dell’anno di riferimento. Questa deve poi essere rivalutata del 5% e moltiplicata per i seguenti coefficienti:

  1. 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10;
  2. 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;
  3. 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale D/5;
  4. 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale A/10;
  5. 65 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, ad eccezione dei fabbricati classificati nella categoria catastale D/5;
  6. 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1.

Ad esempio: per un fabbricato di categoria catastale A/2 con rendita iscritta in catasto al 1° gennaio 2023 di 650 euro, la base imponibile IMU si otterrà della seguente operazione (650,00 x 1,05) x 160, ossia 109.200 euro.

La base imponibile – da ragguagliarsi alla percentuale e ai mesi di possesso dell’immobile durante l’anno – tenendo conto che, si computa l’intero  mese  se il possesso si è protratto per più di 15 giorni – sarà il dato su  cui applicare l’aliquota Imu prevista per tale categoria di immobile.

Variazione della rendita in corso di anno

L’Imu è dovuta per anno solare e, come anticipato, in base alla percentuale e ai mesi di possesso, quindi, il tributo è dovuto dal contribuente possessore (proprietario, usufruttuario, ecc.) in funzione alla percentuale di possesso ed ai mesi di possesso.

Potrebbe accadere che durante l’anno d’imposizione avvenga una variazione di rendita catastale dell’immobile oggetto di tassazione perché  sono stati effettuati importanti  lavori di ristrutturazione che hanno portato a tale conseguenza, oppure perché c’è stato un accertamento d’ufficio che ha rilevato una rendita più elevata di quella che era iscritta in catasto.

Come comportarsi allora per il calcolo dell’imposta per l’anno corrente? Occorrerà considerare la nuova rendita solo dall’anno successivo oppure tenere in considerazione la variazione sin da subito?

Il legislatore espressamente sancisce che le variazioni di rendita catastale intervenute in corso d’anno, a seguito di interventi edilizi sul fabbricato, incidono sul calcolo dell’Imu.

Ecco un elenco di lavori che se effettuati mutano il calcolo dell’Imu nel corso dell’anno:

  • Frazionamento o fusione di unità immobiliari;
  • Realizzazione di un secondo bagno;
  • Costruzione di un armadio a muro;
  • Montaggio di una veranda;
  • Richiesta cambio di destinazione d’uso, trasformando ad esempio parte del soggiorno in cucina;
  • Recupero del sottotetto e trasformazione in mansarda;
  • Creazione di solai e soppalchi.

Questi lavori producono effetti dalla data di ultimazione dei lavori o, se antecedente, dalla data di utilizzo, ne consegue che, se ad esempio, a seguito di lavori di ristrutturazione il fabbricato nel 2023 cambia rendita con data ultimazione lavori 18 maggio 2023, ai fini del calcolo Imu, per 5 mesi (gennaio – maggio) occorre considerare la rendita come risultante in catasto al 1° gennaio, mentre per i restanti 7 mesi (giugno – dicembre) occorrerà considerare ai fini del calcolo del tributo la nuova rendita.

Nulla sembra prevedere riguardo il caso in cui la variazione della rendita avvenga d’ufficio, in tal caso, dunque, vale la disposizione generale secondo cui la rendita da prendere a riferimento per l’anno d’imposizione è sempre quella risultante iscritta al catastalo al 1° gennaio dello stesso anno. La nuova rendita accertata e variata d’ufficio andrà presa, invece, a riferimento per l’anno d’imposizione successivo.

Nel caso in cui il  Comune proceda, per sua iniziativa, alla revisione delle zone catastali, è possibile che vada a determinare una variazione della rendita catastale.

L’assessorato di riferimento del Comune deve comunicare i cambiamenti al proprietario dell’immobile e, ad ogni modo, le variazioni hanno efficacia dal primo gennaio successivo a quello di notifica:

  • In caso di mancata notifica nell’anno in corso, la nuova rendita si applica a partire dall’anno successivo;
  • In caso di notifica dopo la scadenza dell’acconto, l’Imu si paga sulla base della vecchia rendita catastale.

di Francesca Bonanata, commercialista per il Magazine Condominio Zero Problemi

Le infiltrazioni provenienti dai terrazzi agli attici

Chiunque abbia un terrazzo sa che uno degli elementi fondamentali è la pendenza che consente l’allontanamento delle acque piovane: analizziamo una criticità da gestire quando ci troviamo ad intervenire in seguito ad infiltrazioni di acqua provenienti da terrazze poste al piano attico.

Un errore comune è quello di intervenire solo sulla superficie di una proprietà quando affianco vi sono altri terrazzi confinanti che costituiscono spesso un’unica struttura con il primo. In questo caso i lavori devono essere più corposi.

Particolare attenzione va posta innanzitutto sulla possibilità che il terrazzo in esame possa avere pendenza comune con gli altri terrazzi confinanti. In questi casi il terrazzo è da considerarsi come un’unica struttura.

La presenza di ringhiere metalliche o muretti divisori con aperture a ridosso del pavimento, così come la mancanza di bocchettoni di scarico in uno dei terrazzi, ci fanno capire che la pendenza è comune e quindi l’intervento di rifacimento dell’impermeabilizzazione non può interessare una sola proprietà, ma dovrà essere affrontato nella sua interezza. Ciò perché in fase di costruzione il manto impermeabile su cui scorreranno le acque piovane viene applicato sopra il cosiddetto massetto delle pendenze.

La pavimentazione e relativo massetto di allettamento costituiscono una protezione del manto impermeabile, pertanto la loro funzione non è strutturale bensì di finitura.

L’eventuale intervento su una sola porzione del terrazzo non darebbe garanzia di risoluzione al problema di infiltrazioni, in quanto le acque provenienti dai terrazzi confinanti continuerebbero a scorrere sull’originario manto impermeabile infiltrandosi al piano sottostante.

È buona norma eseguire un accurato rilievo dello stato dei luoghi per individuare la posizione dei bocchettoni di scarico e quei punti fermi che durante l’intervento non devono essere modificati, quali ad esempio le soglie delle porte finestre e quelle perimetrali (in mancanza di un parapetto in muratura). Solo dopo la rimozione del pavimento e del relativo massetto di sottofondo si potrà verificare la bontà delle pendenze ed eventualmente andare a correggerle laddove necessario.

di Federico Tudini, geometra per il Magazine Condominio Zero Problemi

La nuova tendenza di creare chat tra i condomini.

Chat condominiali, attenti al reato di diffamazione
Attive oramai in quasi tutti i condomini le chat di gruppo tra abitanti del palazzo sono spesso luogo di liti a distanza e di offese. Attenzione però a quello che scrivete perché le norme valgono anche lì: se offendete qualcuno si può configurare un’ingiuria o, più probabile, una diffamazione.

Un altro reato che può trovare facile consumazione nell’ambito dei rapporti di condomino è, senza dubbio, quello di cui all’art. 595 c.p. rubricato “diffamazione”. Tale delitto si realizza quando qualcuno, comunicando con più persone (almeno due), offende la reputazione di una persona non presente.

In tal caso l’offensore è punito con la reclusione fino ad anno o con la multa fino a euro 1.032,00 oppure, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065,00. Infine, se l’offesa è recata con il mezzo della stampa o con qualsiasi mezzo di pubblicità ovvero in atto pubblico, l’autore è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore a euro 516,00.

Il reato è punibile a querela della persona offesa che, come noto, deve proporla entro tre mesi dalla data in cui ha avuto notizia del fatto di illecito.

Si rammenti, invece, che nel caso in cui si offenda l’onore o il decoro di una persona presente, si realizzerà non già una diffamazione ma un’ingiuria che, come stabilito dall’art. 4, comma 1 alla lettera A del decreto legislativo n.7/16, consiste ora in un illecito civile punito con pena pecuniaria da euro 100,00 ad euro 8.000,00 (sanzione che può aumentare negli specifici casi previsti dalla norma).

Ciò premesso, il particolare tipo di diffamazione sul quale intendiamo soffermarci in questa sede è quella che può essere commessa a mezzo chat, mediante, ad esempio, le applicazioni presenti sugli smartphone, quali Whatsapp e Telegram.

Tali applicazioni sono ormai di uso comune anche tra i condomini, i quali sovente creano apposite chat riservate ai membri del condomino ove essi scambiano opinioni, informazioni, critiche e suggerimenti circa la gestione dei beni comuni, non solo mediante messaggi scritti ma anche con fotografie e messaggi vocali.

Tuttavia, la semplicità e l’immediatezza di tali comunicazioni – qualità che ne costituiscono il punto di forza – possono però agevolare una certa superficialità nel relativo utilizzo e, talora, una non adeguata valutazione circa il contenuto dei messaggi (siano essi scritti o vocali) e le espressioni rivolte agli altri partecipanti la chat.

Non è insolito, quindi, che queste stanze virtuali, anche più delle assemblee in presenza, divengano il campo in cui si incontrano e scontrano verbalmente le persone, lasciandosi andare ad espressioni offensive verso questo o quel condomino, financo verso l’amministratore.

Di qui, quindi, occorre chiedersi, nel caso in cui si offenda la reputazione di una persona presente in chat, se tale condotta ricada nell’illecito civile dell’ingiuria o nel reato di diffamazione.

La questione appare tutt’altro che peregrina considerando che la stessa suprema Corte di Cassazione che, nel nostro ordinamento ha anche il compito di assicurare l’uniforme interpretazione delle leggi, è stata chiamata recentemente a pronunciarsi circa il corretto inquadramento dell’offesa alla reputazione a mezzo chat.

A tal proposito la Cassazione, V Sezione penale, con la sentenza n.28675/21, nel risolvere la questione ha premesso che se l’offesa viene profferita nel corso di una riunione “a distanza tra più persone contestualmente collegate, cui partecipa anche l’offeso, ricorrerà l’ingiuria e che al contrario, laddove risultino comunicazioni indirizzate all’offeso e altre persone non contestualmente presenti (in accezione estesa alla presenza virtuale o da remoto) ricorreranno i presupposti della diffamazione.

Conseguentemente, la suprema corte ha così risolto la questione: ”La chat di gruppo di Whatsapp consente l’invio contestuale di messaggi a più persone, che possono riceverli immediatamente o in tempi differiti a seconda dell’efficienza del collegamento ad internet del terminale su cui l’applicazione viene da loro utilizzata; i destinatari possono, poi, leggere i messaggi in tempo reale (perché stanno consultando, in quel momento, proprio quella specifica chat) e, quindi, rispondere con immediatezza ovvero, come accade molto più spesso, possono leggerli, anche a distanza di tempo, quando non sono on line ovvero, pur essendo collegati a Whatsapp, si trovino impegnati in altra conversazione virtuale e non consultino immediatamente la conversazione nell’ambito della quale il messaggio è stato inviato. Pertanto, in caso di offese all’interno di una chat di Whatsapp, la percezione da parte della vittima dell’offesa può essere contestuale ovvero differita, a seconda che ella stia consultando proprio quella specifica chat di Whatsapp o meno; nel primo caso, vi sarà ingiuria aggravata dalla presenza di più persone quanti sono i membri della chat perché la persona offesa dovrà ritenersi virtualmente presente; nel secondo caso si avrà diffamazione, in quanto la vittima dovrà essere considerata assente” (Cassazione penale sez. V – 10/06/2022, n. 28675 in Diritto & Giustizia 2022, 21 luglio).

La decisione della corte si pone in piena coerenza con l’orientamento già espresso sulla natura diffamatoria e non ingiuriosa delle email inviate a più destinatari oltre l’offeso.

In tal caso, la medesima V sezione della Cassazione, con la sentenza n.13252/21, aveva chiarito che: – l’offesa diretta a una persona presente costituisce sempre ingiuria anche se sono presenti altre persone; l’offesa diretta a una persona “distante” costituisce ingiuria solo quando la comunicazione offensiva avviene, esclusivamente, tra autore e destinatario; – se la comunicazione “a distanza” è indirizzata ad altre persone oltre all’offeso, si configura il reato di diffamazione; – l’offesa riguardante un assente comunicata ad almeno due persone (presenti o distanti) integra sempre la diffamazione.

E infatti, a conferma di quanto sopra, pur sempre la V Sezione della Cassazione ha avuto modo di precisare, incidentalmente, che la diffamazione può realizzarsi anche nel caso il cui l’offesa alla reputazione sia pubblicata nel cosiddetto “stato” di Whatsapp (Cassazione penale sez. V – 01/07/2021, n. 33219).

Al contrario, coerentemente, “non costituisce reato di diffamazione (ma costituisce ingiuria n.d.r.) rivolgere insulti attraverso una chat vocale sulla piattaforma Google Hangouts poiché destinatario del messaggio è unicamente la persona offesa” (Cassazione penale sez. V – 25/02/2020, n. 10905  in Responsabilità Civile e Previdenza 2020, 4, 1306). 

di Mirko Scorsone, avvocato penalista per il Magazine Condominio Zero Problemi