Attive oramai in quasi tutti i condomini le chat di gruppo tra abitanti del palazzo sono spesso luogo di liti a distanza e di offese. Attenzione però a quello che scrivete perché le norme valgono anche lì: se offendete qualcuno si può configurare un’ingiuria o, più probabile, una diffamazione.
Un altro reato che può trovare facile consumazione nell’ambito dei rapporti di condomino è, senza dubbio, quello di cui all’art. 595 c.p. rubricato “diffamazione”. Tale delitto si realizza quando qualcuno, comunicando con più persone (almeno due), offende la reputazione di una persona non presente.
In tal caso l’offensore è punito con la reclusione fino ad anno o con la multa fino a euro 1.032,00 oppure, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065,00. Infine, se l’offesa è recata con il mezzo della stampa o con qualsiasi mezzo di pubblicità ovvero in atto pubblico, l’autore è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore a euro 516,00.
Il reato è punibile a querela della persona offesa che, come noto, deve proporla entro tre mesi dalla data in cui ha avuto notizia del fatto di illecito.
Si rammenti, invece, che nel caso in cui si offenda l’onore o il decoro di una persona presente, si realizzerà non già una diffamazione ma un’ingiuria che, come stabilito dall’art. 4, comma 1 alla lettera A del decreto legislativo n.7/16, consiste ora in un illecito civile punito con pena pecuniaria da euro 100,00 ad euro 8.000,00 (sanzione che può aumentare negli specifici casi previsti dalla norma).
Ciò premesso, il particolare tipo di diffamazione sul quale intendiamo soffermarci in questa sede è quella che può essere commessa a mezzo chat, mediante, ad esempio, le applicazioni presenti sugli smartphone, quali Whatsapp e Telegram.
Tali applicazioni sono ormai di uso comune anche tra i condomini, i quali sovente creano apposite chat riservate ai membri del condomino ove essi scambiano opinioni, informazioni, critiche e suggerimenti circa la gestione dei beni comuni, non solo mediante messaggi scritti ma anche con fotografie e messaggi vocali.
Tuttavia, la semplicità e l’immediatezza di tali comunicazioni – qualità che ne costituiscono il punto di forza – possono però agevolare una certa superficialità nel relativo utilizzo e, talora, una non adeguata valutazione circa il contenuto dei messaggi (siano essi scritti o vocali) e le espressioni rivolte agli altri partecipanti la chat.
Non è insolito, quindi, che queste stanze virtuali, anche più delle assemblee in presenza, divengano il campo in cui si incontrano e scontrano verbalmente le persone, lasciandosi andare ad espressioni offensive verso questo o quel condomino, financo verso l’amministratore.
Di qui, quindi, occorre chiedersi, nel caso in cui si offenda la reputazione di una persona presente in chat, se tale condotta ricada nell’illecito civile dell’ingiuria o nel reato di diffamazione.
La questione appare tutt’altro che peregrina considerando che la stessa suprema Corte di Cassazione che, nel nostro ordinamento ha anche il compito di assicurare l’uniforme interpretazione delle leggi, è stata chiamata recentemente a pronunciarsi circa il corretto inquadramento dell’offesa alla reputazione a mezzo chat.
A tal proposito la Cassazione, V Sezione penale, con la sentenza n.28675/21, nel risolvere la questione ha premesso che se l’offesa viene profferita nel corso di una riunione “a distanza” tra più persone contestualmente collegate, cui partecipa anche l’offeso, ricorrerà l’ingiuria e che al contrario, laddove risultino comunicazioni indirizzate all’offeso e altre persone non contestualmente presenti (in accezione estesa alla presenza virtuale o da remoto) ricorreranno i presupposti della diffamazione.
Conseguentemente, la suprema corte ha così risolto la questione: ”La chat di gruppo di Whatsapp consente l’invio contestuale di messaggi a più persone, che possono riceverli immediatamente o in tempi differiti a seconda dell’efficienza del collegamento ad internet del terminale su cui l’applicazione viene da loro utilizzata; i destinatari possono, poi, leggere i messaggi in tempo reale (perché stanno consultando, in quel momento, proprio quella specifica chat) e, quindi, rispondere con immediatezza ovvero, come accade molto più spesso, possono leggerli, anche a distanza di tempo, quando non sono on line ovvero, pur essendo collegati a Whatsapp, si trovino impegnati in altra conversazione virtuale e non consultino immediatamente la conversazione nell’ambito della quale il messaggio è stato inviato. Pertanto, in caso di offese all’interno di una chat di Whatsapp, la percezione da parte della vittima dell’offesa può essere contestuale ovvero differita, a seconda che ella stia consultando proprio quella specifica chat di Whatsapp o meno; nel primo caso, vi sarà ingiuria aggravata dalla presenza di più persone quanti sono i membri della chat perché la persona offesa dovrà ritenersi virtualmente presente; nel secondo caso si avrà diffamazione, in quanto la vittima dovrà essere considerata assente” (Cassazione penale sez. V – 10/06/2022, n. 28675 in Diritto & Giustizia 2022, 21 luglio).
La decisione della corte si pone in piena coerenza con l’orientamento già espresso sulla natura diffamatoria e non ingiuriosa delle email inviate a più destinatari oltre l’offeso.
In tal caso, la medesima V sezione della Cassazione, con la sentenza n.13252/21, aveva chiarito che: – l’offesa diretta a una persona presente costituisce sempre ingiuria anche se sono presenti altre persone; l’offesa diretta a una persona “distante” costituisce ingiuria solo quando la comunicazione offensiva avviene, esclusivamente, tra autore e destinatario; – se la comunicazione “a distanza” è indirizzata ad altre persone oltre all’offeso, si configura il reato di diffamazione; – l’offesa riguardante un assente comunicata ad almeno due persone (presenti o distanti) integra sempre la diffamazione.
E infatti, a conferma di quanto sopra, pur sempre la V Sezione della Cassazione ha avuto modo di precisare, incidentalmente, che la diffamazione può realizzarsi anche nel caso il cui l’offesa alla reputazione sia pubblicata nel cosiddetto “stato” di Whatsapp (Cassazione penale sez. V – 01/07/2021, n. 33219).
Al contrario, coerentemente, “non costituisce reato di diffamazione (ma costituisce ingiuria n.d.r.) rivolgere insulti attraverso una chat vocale sulla piattaforma Google Hangouts poiché destinatario del messaggio è unicamente la persona offesa” (Cassazione penale sez. V – 25/02/2020, n. 10905 in Responsabilità Civile e Previdenza 2020, 4, 1306).
di Mirko Scorsone, avvocato penalista per il Magazine Condominio Zero Problemi