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Edilizia libera, quando servono i permessi / 2

Non sempre le attività di edilizia libera si possono eseguire senza effettuare alcuna richiesta alle amministrazioni locali. Vediamo quali sono gli uffici in questione per il Comune di Roma.

Nell’articolo pubblicato sul magazine n. 3/2022 abbiamo parlato delle “vetrate panoramiche amovibili” che sono state inserite tra le attività di edilizia libera dalla recente legge n. 142 del 21 settembre 2022, specificando come debbano rispettare le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali nonché le altre normative di settore.

In questo articolo analizzaremo quali pareri consultivi devono essere preventivamente acquisiti per poter dar corso a tutte le attività edilizie, comprese quelle di edilizia libera (A.E.L) nel territorio comunale individuato come “città storica”, richiamati delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale vigente nel Comune di Roma.

Volendo semplificare per cercare di rendere più facile la lettura, divideremo la “città storica” in due parti, la prima interna alle Mura Aureliane (dichiarate dall’Unesco patrimonio dell’umanità) e la seconda esterna alle Mura Aureliane.

Il PRG vigente individua vari organismi competenti per il rilascio di pareri consultivi: la sovrintendenza comunale (art. 16 c.10); il Comitato per la Qualità Urbana Edilizia (Co.Q.U.E. – art. 24 c.9 lettera c), c.12 e art. 25 c.8) e la soprintendenza statale per i beni architettonici e per il paesaggio per il Comune di Roma (art. 24 c. 19), in base alla localizzazione del fabbricato oggetto d’intervento.

A seguito del protocollo d’intesa prot. QI /57701 dell’8 settembre 2009 sottoscritto tra il Ministero per i Beni e le attività culturali e il comune di roma – Dipartimento IX – II U.O. Ufficio Permessi di Costruire, si ha un quadro più chiaro sulle competenze dei vari organismi, come di seguito specificato.

 

CITTÀ STORICA

 

  INTERNA alle Mura Aureliane ESTERNA alle Mura Aureliane
Immobili vincolati per Legge ai sensi del D.Lgs 42/2004 Enti preposti alla tutela del vincolo imposto per Legge Enti preposti alla tutela del vincolo imposto per Legge
Immobili non vincolati per legge ma individuati nella Carta della Qualità Sovrintendenza Comunale Sovrintendenza Comunale
Immobili non vincolati per legge e non individuati nella carta della Qualità Soprintendenza per i beni Architettonici e Paesaggistici per il Comune di Roma Co.Q.U.E.

 

L’attenzione cui si vuole richiamare il lettore è quella di non pensare che un intervento rientrante tra le attività di edilizia libera ai sensi della normativa nazionale (DPR 380/01) si possa sempre eseguire liberamente, bisogna sempre tenere a mente le normative regionali e comunali, le quali sono di dettaglio rispetto alla normativa nazionale.

Il mancato rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e delle altre normative di settore ci espongono a rischi di non poco conto.

di Federico Tudini, geometra per il Magazine Condominio Zero Problemi   www.condominiozeroproblemi.it

Edilizia libera e VEPA, quando servono i permessi/ 1

In queste pagine vedremo nel dettaglio cosa dice la norma in merito alle installazioni rientrati nell’ambito dell’edilizia libera.

 

Con l’introduzione del decreto legge 115/2022 convertito nella legge 142/2022 cambia la normativa che regola la possibilità di trasformare alcuni spazi esterni dei nostri fabbricati senza avere alcuna autorizzazione da parte del Comune in cui si trova l’immobile.

Ma cosa prevede nella sostanza questa norma che autorizza l’installazione delle vetrate panoramiche amovibili (VEPA) e soprattutto come impatta sull’estetica di un fabbricato?

Questa tipologia di vetrate devono avere particolari caratteristiche peculiari: devono essere innanzitutto completamente rimovibili e devono proteggere gli ambienti esterni dove vengono installate (terrazzi e balconi) dalle intemperie, in pratica devono creare una sorta di isolamento termico.

La norma nello specifico precisa che sono “dirette ad assolvere funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, riduzione delle dispersioni termiche, di parziale impermeabilizzazione delle acque meteoriche”. Devono inoltre “favorire la naturale micro-aerazione tale da consentire la costante circolazione del flusso di aria” per garantire la salubrità dei vani domestici interni.

Importante è che “non configurino spazi stabilmente chiusi che […] possano generare una nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile” e devono essere sotto il “profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e da non modificare le preesistenti linee architettoniche”.

Di conseguenza è da escludere che questi spazi siano destinati a un uso di permanenza delle persone, ma devono avere le caratteristiche e l’utilizzo di uno spazio accessorio.

In parole povere le lastre di vetro, oltre ad avere tutte le caratteristiche sopra riportate, non dovranno essere fissate a un telaio, ma dovranno scorrere o essere impacchettate per essere aperte o chiuse in qualsiasi momento e soprattutto facilmente rimovibili.

La nuova norma va a integrare quella esistente della cosiddetta edilizia libera, cioè quando per effettuare dei lavori non è necessario alcun atto abilitativo da parte dell’ufficio competente del Comune nel quale si trova l’immobile.

Questa norma stravolge quello che fino a pochi mesi fa era oggetto di autorizzazione del cosiddetto, permesso di costruire per gli interventi di chiusura degli spazi esterni, anche con vetrate scorrevoli.

La norma crea purtroppo delle nuove criticità, anche interpretative. La prima sarà senza dubbio alcuno quando un balcone o una veranda sia da considerare totalmente amovibile (concetto generico) e quando no (rientrando quindi nella vecchia normativa, con tutti i distinguo delle diverse norme locali).

Queste criticità vista la risaputa litigiosità dei condomini, porteranno a numerosi e lunghi contenziosi che con una maggiore attenzione da parte dei legislatori si sarebbero potuti facilmente evitare.

La stessa norma prevede dove si possono installare, “balconi aggettanti dal corpo dell’edificio o di logge rientranti all’interno dell’edificio”, di conseguenze le potremo installare sui balconi e nelle logge dei fabbricati di tipo residenziale.

A nostro parere, non essendo indicato nella norma, dovrebbero essere escluse le installazioni su terrazzi e lastrici solari (qui ci saranno i maggiori problemi sia di natura estetica che di volumetria), nei portici o porticati che sono definiti in modo distinto dal Regolamento Edilizio.

L’impatto estetico, quindi, dovrebbe essere minimo in quanto nella maggior parte delle strutture, soprattutto quelle maggiormente performanti per lo scopo che si vuole raggiungere, le parti metalliche sono poche e quasi impercettibili.

Per ultimo l’installazione non potrà fare a meno di tener conto delle norme che regolano il settore paesaggistico, di sicurezza, contrattuali, condominiali o quelle di altri particolari vincoli esistenti.

vincoli condominiali dovranno essere sempre rispettati. Le vetrate incidono sempre in qualche modo sull’estetica della facciata dell’immobile e di conseguenza va rispettato il “decoro condominiale”.

Se il regolamento condominiale contrattuale pone particolari divieti, essendo per l’appunto contrattuale fra tutti i componenti del condominio, prevale sulla norma di cui si sta parlando.

di Mariolina Servino, art director per il Magazine Condominio Zero Problemi    www.condominiozeroproblemi.it

Come convocare l'assemblea del condominio

La convocazione dell’assemblea: norme da sapere
Vediamo punto per punto quali sono le regole che contraddistinguono la convocazione dell’assemblea condominiale.

 

Chi convoca l’assemblea condominiale

L’assemblea è convocata dall’amministratore in carica.  Soltanto in tre casi abbiamo una convocazione non effettuata dall’amministratore:

1) da ciascun condomino, quando manca l’amministratore (la prima volta, oppure quando sia deceduto o impossibilitato);

2) da almeno due condomini le cui proprietà rappresentino almeno un sesto del valore millesimale dell’edificio, in caso d’inerzia accertata (art. 66 disp. att. c.c.) dell’amministratore in carica;

3) dal curatore speciale, come stabilito dall’art. 65 delle disposizioni attuative del codice civile.

Perché l’assemblea possa validamente deliberare debbono essere convocati tutti i condomini (meglio dire tutti gli aventi diritto).

 

Come si convoca l’assemblea condominiale

Le regole generali della convocazione sono poste dall’art. 66 disp. att. c.c.. La legge 220/2012 ha introdotto delle novità rilevanti. L’avviso di convocazione deve essere in forma scritta, prima era teoricamente possibile anche una convocazione in forma orale.

L’avviso deve essere ricevuto almeno 5 giorni prima della data dell’adunanza di prima convocazione a mezzo di: posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax, consegna a mano.

L’avviso o biglietto di convocazione deve necessariamente contenere i seguenti elementi essenziali, senza i quali la convocazione sarebbe inutile e quindi giuridicamente invalida:

  1. la data (giorno, mese e anno) e l’orario; indicare nello stesso biglietto di convocazione sia la data della prima riunione che quella della seconda è soltanto una prassi, utile ma non requisito essenziale. È una prassi lecita, dettata da ovvi motivi di semplicità ed economia, così da evitare, nel caso in cui la prima andasse deserta, di dover inviare il secondo avviso per la seconda adunanza;
  2. il luogo;
  3. l’ordine del giorno.

Inoltre, seppure non specificato dalla norma, è sempre opportuno che l’avviso rechi l’indicazione chiara (oltre alla banale dicitura “amministratore” il nome e cognomedi chi abbia convocato l’assemblea, così da porre i condomini in condizione di avere piena conoscenza della regolarità della convocazione.

Come detto, per ovvie ragioni di praticità ed economia, nello stesso avviso è opportuno che siano indicati il luogo, la data e l’ora dell’assemblea di prima e di seconda convocazione, rammentando che l’art. 1136 c.c. impone che l’assemblea di seconda convocazione non possa essere tenuta nello stesso giorno della prima, né oltre dieci giorni dalla prima.

Abbiamo già ricordato che l’art. 66 delle disposizioni per l’attuazione del codice civile statuisce che l’avviso di convocazione “deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima della data fissata dell’adunanzaIn altre parole l’assemblea deve essere convocata lasciando almeno cinque giorni tra il momento del ricevimento della comunicazione e quello della data di prima convocazione dell’assemblea stessa. I giorni iniziano a decorrere da quello seguente il ricevimento dell’avviso da parte del condomino.

Perché l’assemblea sia valida, quindi, l’avviso di convocazione deve essere ricevuto dal condomino con il rispetto dei tempi sopra indicati.

Se il regolamento di condominio prevede come obbligatorio un determinato sistema di convocazione (ad esempio spedizione con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, oppure convocazione con avviso da consegnare 15 giorni prima della data fissata dell’assemblea) l’amministratore è tenuto ad eseguire la convocazione dell’assemblea nel rispetto della norma del regolamento.

Viceversa, nel silenzio del regolamento, l’amministratore potrà eseguire la convocazione dei condomini con le modalità da lui ritenute opportune, sempre nel rispetto delle forme, dei termini e dei requisiti già indicati, ma tenendo inoltre ben presente che costituisce onere dell’amministratore provare di avere convocato i condomini regolarmente.  La prova che il condomino assente sia stato convocato con corretta tempestività è sempre dell’amministratore.

di Ferdinando della Corte, avvocato per il Magazine Condominio Zero Problemi         www.condominiozeroproblemi.it 

Gestione rifiuti in condominio

L’IoT nella gestione smart della raccolta differenziata dei rifiuti

Una delle tecnologie più utilizzate per identificare i contenitori e misurare la quantità di rifiuti è la RFID. Ecco come viene impiegata nel ciclo di raccolta

La gestione dei rifiuti, smart o intelligente,  si inserisce a pieno titolo nel più ampio contesto delle smart city. Il suo scopo è il tracciamento dei rifiuti, dal loro conferimento presso le abitazioni fino alla raccolta e al relativo smaltimento.

In questo contesto la tecnologia svolge un ruolo abilitante e può migliorare la qualità della vita nelle città. Tecnologie abilitanti sono: RFID, sensoristica, NFC (Near Field Communication) e IoT (Internet of Things), componenti integrabili fra loro.

In particolare, RFID (Radio Frequency Identification) è una delle tecnologie ritenute più idonee per una corretta gestione di tutto il ciclo: consente l’identificazione fissa e mobile, dati esatti raccolti in automatico per il calcolo della tariffa precisa (stimolo a comportamento virtuoso degli utenti) e rapidità nelle operazioni di prelievo.

I principi della gestione dei rifiuti alla base del Testo Unico Ambientale contemplano: precauzione, prevenzione, sostenibilità, proporzionalità, responsabilità e cooperazione e sono rivolti sia a produttori sia a distributori. In effetti ciò che conta, nel TUA, è che efficacia, efficienza, economicità, trasparenza e fattibilità tecnica ed economica siano i perni su cui i processi di gestione dei rifiuti siano declinati.

Lo smaltimento dei rifiuti, pertanto, così come concepito fino a prima del Codice dell’ambiente, perde la sua importanza a favore di una Economia circolare, in cui anche il rifiuto acquista una seconda chance e magari una terza, e così via, trasformandolo in materia prima seconda da immettere numerose volte nel processo di recupero.

La prevenzione è il primo approccio da considerare quando si progetta un bene, è nel design che va inclusa da subito la possibilità che quel prodotto sia predisposto al riciclo, prevedendone il suo ciclo di vita e che sia di tipo cradle-to-cradle, cioè dalla culla alla culla, nel pieno rispetto dell’economia circolare. Come si può immediatamente notare dalla lista, lo smaltimento viene posto alla fine, proprio come ultima istanza disponibile.

Raccolta porta a porta dei rifiuti solidi urbani con tecnologia RFID

L’RFID, con la sua capacità di tracciare in modo automatico e massivo i contenitori dei rifiuti, rappresenta la tecnologia migliore per una gestione smart della raccolta dei rifiuti, al fine di giungere a un sistema di calcolo della tassazione più preciso ed equo (tariffa puntuale), basato sul numero effettivo dei ritiri.

Come funziona la gestione smart dei rifiuti con il tracciamento RFID

Il sistema RFID si adatta a diversi sistemi di gestione smart dei rifiuti (sacchetti, mastelli, bidoncini, bidoni e carrellabile in generale, con capacità variabile) e prevede l’apposizione dei tag/transponder, il cui microchip è associato al codice utente del cittadino; sui sacchetti si applicano tag a perdere, sui bidoncini o mastelli di plastica tag a recupero.

La rilevazione e l’identificazione dei sacchi e/o dei contenitori avviene al momento del prelievo, in diverse modalità: identificazione volontaria, ossia tramite un operatore, oppure automatica; identificazione fissa

RFID e ciclo di raccolta dei rifiuti

La tecnologia RFID si inserisce nella gestione smart della raccolta dei rifiuti:

  1. associazione logica e fisica del tag RFID al sacchetto e al contenitore.

L’associazione logica, ossia il legare il codice identificativo univoco racchiuso nella memoria elettronica del tag al singolo utente, può essere contestuale all’associazione fisica:

  • per i sacchetti, durante il processo della loro produzione, il tag può essere automaticamente applicato a ognuno di essi; il tag (o i rotoli di sacchetti) può poi riportare “in chiaro” un numero progressivo identificativo, per consentire nelle fasi successive una facile associazione sacchetto/utente;
  • nel caso di contenitori di plastica (o di metallo), durante la produzione dei contenitori, il tag può essere “annegato” all’interno delle plastiche del recipiente oppure fissato allo stesso.

La soluzione tecnologica può essere introdotta a posteriori rispetto alla produzione, applicando cioè il tag RFID in una posizione convenzionale sui contenitori già esistenti e in uso: l’operatore provvede così ad associare “sul campo” il codice del tag all’utente grazie a dispositivi RFID mobili, che trasferiscono poi i dati sul server centrale in loco oppure da remoto, in base alle necessità del progetto.

2) Assegnazione del sacchetto/contenitore agli utenti.

Una volta muniti di tag RFID, sacchetti e contenitori sono consegnati agli utenti con differenti modalità:

  • sacchetti: tramite distributori automatici dotati di reader RFID, in grado di identificare il cittadino tramite la Carta Regionale dei Servizi (o tramite un’apposita Carta Servizi rilasciata dal Comune) e quindi identificare/associare i tag dei sacchetti rilasciati all’utente, dati, questi, che sono poi trasferiti al sistema informativo centrale.
  • sacchetti/contenitori: con un servizio di distribuzione avviato dall’ente o dal Comune che, con l’ausilio della tecnologia RFID, consente una veloce identificazione dei sacchetti e/o contenitori e un’altrettanta veloce associazione con l’anagrafica dell’utente.

3) Conferimento dei rifiuti

Conferimento dei rifiuti da parte dei cittadini negli appositi contenitori ed esposizione in fronte strada

4) Comunicazioni ai mezzi di raccolta

Eventuale comunicazione della missione di prelievo, dalla sede ai mezzi di raccolta: in questo caso è necessario che l’automezzo (o l’operatore) sia dotato di un tablet o di un dispositivo mobile in grado di visualizzare la mappa del territorio.

5) Raccolta dei rifiuti e identificazione automatica del tag RFID

In questa fase la tecnologia RFID può rilevare in modo automatico oppure volontario i contenitori. In particolare, la rivelazione è implicita (detta anche hand-free) quando l’operatore preleva i sacchetti con tag RFID da bordo strada e li conferisce nel cassone del mezzo, equipaggiato con reader e antenne RFID senza alcuna operazione aggiuntiva.

Si parla invece di rilevazione esplicita, ossia volontaria, quando l’operatore identifica i contenitori (dotati di tag) con un apparato mobile RFID, prelevando i sacchetti e contenitori da bordo strada e riversandoli nel cassone del mezzo con i criteri abituali: una soluzione, questa, adottata nel caso in cui l’accesso all’automezzo non è consentito, oppure come sistema di backup.

6) Scarico dei dati di raccolta rifiuti verso il server centrale/data base

I dati raccolti “sul campo” possono essere memorizzati all’interno di una memoria di massa removibile (es. memory card o chiavetta USB), per poi essere trasferiti su un PC in sede al rientro dell’automezzo dalla missione.

In alternativa, i dati possono essere memorizzati all’interno del controller RFID e trasferiti poi localmente sul server centrale tramite WiFi, al rientro dal giro di prelievo, oppure trasmessi in tempo reale con una comunicazione remota sul server centrale via rete mobile (GSM/GPRS).

7) Tariffazione puntuale all’utente (TARES)

Grazie ai dati acquisiti con questa modalità è possibile calcolare e quindi far pagare agli utenti esattamente ciò che è dovuto per il servizio.

8) Reportistica percorsi con mappatura

I percorsi dei mezzi possono essere tracciati (con riferimento ai soli tag dei sacchi e/o dei contenitori, oppure con l’ausilio del GPS) al fine di ottenere report statistici.

 
Raccolta differenziata con RFID: differenti soluzioni

Gli articolati scenari della raccolta rifiuti sono basati su infrastrutture tecnologiche dell’RFID altrettanto multiformi: la scelta del tag, ad esempio, risponde a parametri economici, di spazio, di resistenza (rugged), oltre alle capacità performanti.

I sistemi RFID passivi in banda UHF, grazie alle maggiori prestazioni di anti-collisione (tracciabilità di più tag in contemporanea) e di distanza di rilevazione, sembrano offrire una maggiore affidabilità.

Ma possono esistere anche tag smart label RFID UHF da apporre sui sacchetti, o da “annegare” all’interno delle plastiche dei contenitori o sotto il bordo del contenitore di plastica; gli hard tag RFID rivestiti di un’apposita plastica e applicati sul fronte esterno del contenitore, mentre i contenitori e cassonetti di metallo ospitano l’on-metal tag che può riportare in chiaro il codice a barre riferito a un progressivo numerico. La stampante RFID stampa questo progressivo numerico e memorizza anche lo stesso codice all’interno del chip del tag.

L’associazione del codice ID del tag con l’anagrafica utente può avvenire da una postazione fissa, oppure direttamente sul campo (nel caso di contenitori già consegnati in passato e quindi in uso), dotando l’operatore di computer mobili che incorporano un reader RFID e, con speciali antenne omnidirezionali, consentono distanze di lettura fino a 2 metri.

Il centro tecnologico del sistema RFID per la raccolta rifiuti si trova soprattutto a bordo degli automezzi, di tipo porter o camion, allestiti con appositi apparati RFID (controller, antenne e dispositivi add-on) per rilevare in modo automatico, quindi senza alcun intervento umano, e massivo quanto versato nel cassone. Le interfacce disponibili lato host sono le più comuni e comprendono: Ethernet RJ45, USB, RS232, RS485, TTL, Wi-Fi, GPRS, TTL/RS232.

Con il sistema RFID il calcolo della tariffazione unica è preciso

Tutte queste informazioni concorrono quindi al calcolo della tariffa utente, composta da una parte fissa e una variabile, conteggiata in base al numero di ritiri del rifiuto non riciclabile: meno rifiuti indifferenziati significa quindi tariffe più basse.

Un unico cloud device, quindi, stand-alone e in grado di semplificare le operazioni di tracciabilità automatica e massiva dei diversi tipi di rifiuti e gestire la filiera del dato completo (rifiuti, operatore, veicolo) senza l’ausilio di veicolari.

 
Tag RFID: con batteria e senza

I tag RFID vengono divisi in due grandi categorie: passivi e attivi. I tag RFID passivi non sono dotati di alimentazione, ma funzionano grazie al campo elettromagnetico emesso dal lettore quando si avvicina (secondo il principio dell’induzione). Questa energia è sufficiente per trasmettere le informazioni che contengono.

I tag RFID attivi, invece, hanno una batteria che permette la trasmissione delle informazioni a una distanza maggiore dal lettore (100-300 metri). Questi ultimi hanno ovviamente potenzialità maggiori, in un’ottica di IoT, rispetto a quelle dei tag passivi, ma presentano un problema: la batteria, prima o poi, si scarica e va sostituita.

Una soluzione a questo problema sembra venire dai ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology): abbinare i tag RFID a una micro-cella fotovoltaica. Il materiale usato per realizzare le celle non è il silicio ma perovskite, formata da titanato di calcio; permette di costruire celle fotovoltaiche flessibili, trasparenti e anche efficienti per alimentare un tag RFID.

Secondo i ricercatori, nelle giuste condizioni ambientali, un tag alimentato da queste celle può funzionare per diversi anni prima di avere bisogno di un intervento di manutenzione. La perovskite, inoltre, è un materiale a basso costo, che si adatta bene a una tecnologia a basso costo come RFID (un’etichetta passiva può costare fra i 5 e i 20 centesimi di euro).

Per quanto riguarda le informazioni che un’etichetta tag RFID può contenere, si va da quelli che possono archiviare un numero seriale di 96 o 128 bit (“Identificazione permanente unica” – UID), ai tag RFID per applicazioni industriali che hanno una memoria di 2 KB, sufficiente per memorizzare informazioni e un numero identificativo di dati associati al prodotto.

Il mercato europeo dei sensori per la gestione smart dei rifiuti

In tutto il mondo risultavano installati complessivamente, nel 2018, circa 379mila sensori per la gestione smart dei rifiuti. La stima entro il 2023 è di 1,5 milioni.

Il mercato europeo è molto attivo, soprattutto nei Paesi Bassi, in Francia, Inghilterra, Spagna e nel Nord Europa. I player più importanti del settore sono industrie statunitensi, seguite quelle finlandesi e cinesi. Queste aziende gestiscono circa il 60% del mercato globale e la maggior parte di esse si è concentrata in un settore specifico, quello che riguarda la gestione dei cassonetti, dei cestini pubblici e del recupero di tessuti riciclabili.

Per la connettività di questi sensori IoT si utilizzano varie tecnologie, anche quella cellulare 2G/3G/4G. A queste, oggi vi sono numerose alternative, ad esempio le tecnologie LPWA (NB-IoT, LTE-M, LoRaWAN e Sigfox), apprezzate per la lunga durata e il basso consumo delle batterie. Secondo una stima, entro il 2023 queste tecnologie copriranno il 50% del mercato dei sensori per la gestione rifiuti.

L’alternativa a RFID: il sistema a sensori ottici laser

Nell’ecosistema IoT esistono anche altre tecnologie utilizzabili per identificare i livelli di riempimento dei cassonetti. Ad esempio, il sistema a sensori ottici laser. Lanciato nel 2016 con la finalità di incentivare la raccolta ecologica dei materiali di scarto riciclabili, attualmente questo sistema IoT di raccolta intelligente dei rifiuti è attivo negli Stati Uniti e in Europa, in particolare in Danimarca.

Il sistema comprende un sensore che funge da dispositivo rilevatore con la capacità di trasmettere i dati al relativo software. Sono inoltre presenti dei sensori ottici, di movimento e di temperatura, la cui attività sinergica garantisce una perfetta sincronia di rilevazione.

Posizionato sul coperchio di ogni cassonetto, il dispositivo è rivolto verso l’interno, per rilevare in tempo reale le condizioni dei contenitori. Anche se i materiali non sono distribuiti in maniera uniforme, l’estrema accuratezza dei sensori garantisce comunque misurazioni attendibili e sicure.

Utilizzando l’intelligenza artificiale, il software del sistema riesce a creare anche una elaborazione 3D dello stato del contenitore.

Uno dei principali vantaggi offerti da questo sistema IoT è offerto dalla possibilità di rilevamento di eventuali situazioni di pericolo, come gli incendi, che vengono evidenziate dai sensori di temperatura. Un accelerometro incorporato è in grado di trasmettere movimenti anomali del contenitore, come lo spostamento o il rovesciamento. Tutti questi dati sono rilevati costantemente e inviati al software. Un ulteriore vantaggio di questo sistema è quello relativo alla durata della batteria, la cui autonomia può arrivare fino a 6/7 anni. Fine modulo

di Maurizio Maddalo, IT Manager di Condominio Zero Problemi