Posts From marzo, 2023

Quando Fare Rumore In Condominio È Reato

Prosegue l’analisi dei reati in ambito condominiale con l’esame dell’articolo 659 del codice penale che può essere invocato da chi non riesce a riposare o a lavorare a causa del rumore in condominio causato dall’altrui attività. Attenzione però che la norma ha dei paletti ben precisi.

Nel novero dei reati che possono essere commessi in ambito condominiale un posto di rilevo è senza dubbio occupato da quello di cui all’articolo 659 del codice penale e rubricato “disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone”, secondo il quale chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 309 euro. Si applica l’ammenda da euro 103 a euro 516 a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni di legge o le prescrizioni dell’autorità.

Limitando la nostra disamina al primo comma di questo articolo, rileviamo che si tratta di un reato molto meno grave di quelli trattati in precedenza su questa rivista, essendo una contravvenzione e non un delitto, punito con pena alternativa e, come tale definibile mediante oblazione. Tale reato è posto a tutela dal turbamento dell’ordine pubblico sotto lo specifico profilo della tranquillità pubblica delle persone.

Di esso si risponde sia a titolo di colpa (per esempio colpa generica, determinata da negligenza, imperizia o imprudenza) sia a titolo di dolo. In questo caso la relativa condotta può essere attiva (aver prodotto le emissioni sonore) o omissiva (non aver impedito che si producessero).

Tale contravvenzione appartiene alla categoria dei reati di pericolo, ovvero a quelli che si configurano quando il bene giuridico tutelato dalla norma viene messo in pericolo, ancorché non abbia subito una vera e propria lesione. Il reato in esame è, ad oggi, perseguibile d’ufficio e, pertanto, a prescindere dalla presentazione di una querela di parte.

Tuttavia si tenga presente che la cosiddetta riforma Cartabia, di prossima entrata in vigore, prevede la procedibilità a querela della persona offesa per le ipotesi di cui al primo comma, salvo che il fatto abbia ad oggetto spettacoli, ritrovi o trattenimenti pubblici, ovvero sia commesso nei confronti di persona incapace, per età o per infermità.

Passando ora ad alcuni esempi di possibile violazione della norma, si pensi al rumore in condominio e/o alle emissioni moleste e persistenti, in special modo in orari notturni, provenienti da un esercizio commerciale, o a quelli derivanti dalle emissioni sonore per una festa in un appartamento, nonché alle emissioni rumorose provenienti da impianti di climatizzazione, all’uso di apparecchi radio, di strumenti musicali, al canto e, da ultimo, ai latrati di un cane. Tuttavia, affinché tali comportamenti assumano rilevanza penale è necessario il ricorso di alcune condizioni.

Infatti, ai fini della realizzazione del reato sono necessarie e sufficienti emissioni sonore (riferibili alle condotte indicate nella norma) che superino il limite della normale tollerabilità (e non un semplice fastidio), concretamente apprezzabile in relazione al contesto spaziale e temporale, percepibili da un numero indeterminato di persone, a nulla rilevando che esse siano state effettivamente disturbate. Ciò in quanto, come accennato, la contravvenzione di cui all’art. 659 c.p. è un “reato di pericolo” e come tale, si configura con la sola realizzazione della condotta idonea a realizzare l’effetto previsto e tutelato dalla norma.

Analizzando le fattispecie dei rumori prodotti in un condominio, fermo quando sopra evidenziato, il reato non è configurabile non solo quando le emissioni non superino la normale tollerabilità, ma anche quando per la loro naturale diffusione, risulti oggettivamente impossibile il disturbo di un numero indeterminato persone e siano offesi solamente i soggetti che si trovano in un luogo contiguo a quello da cui provengono i rumori, ad esempio gli inquilini di appartamenti sottostanti e soprastanti a quello di provenienza dei rumori stessi. In tal caso, pertanto, il fatto dovrà essere inquadrato nell’ambito dei rapporti di vicinato, tra immobili confinanti, disciplinati dall’art. 844 c.c.

Inoltre, per integrare il reato non è sufficiente che i rumori prodotti all’interno di un appartamento si propaghino in quelli vicini, ma è necessario che tali rumori siano di intensità tale da disturbare le occupazioni o il riposo delle persone. Infatti, il disturbo punito concerne non soltanto il riposo ma altresì la quiete che è un bene tutelato ad ogni ora diurna e notturna a prescindere da orari lavorativi. Si tenga poi conto del fatto che non ha alcuna rilevanza la durata del rumore in condominio, ben potendo la quiete essere disturbata anche da un rumore breve ed improvviso, quando sia molto elevato.

Passiamo ora ad analizzare alcune sentenze della Corte di Cassazione onde comprendere meglio il reato in esame. Secondo la giurisprudenza di legittimità: “Non è configurabile il reato di cui all’art. 659 c.p. se i rumori arrecano disturbo solo ai vicini occupanti un appartamento limitrofo, all’interno del quale sono percepiti, e non anche ad altri soggetti abitanti nel condominio cui è inserita la stessa abitazione” (cass. pen., sez. III, 11.05.17, n.30156 in Diritto & Giustizia 2017, 16 giugno, nota di Erica Larotonda).

Ed infatti, “perché sussista la contravvenzione di cui all’art 659 c.p. relativamente ad attività che si svolge in ambito condominiale, è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni, non solo dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma una più consistente parte degli occupanti del medesimo edificio” (cass. pen. sez. III, 21.03.18, n.17131 in Responsabilità Civile e Previdenza 2018, 4, 1312, confermata da cass. pen. sez. III, 29.09.20, n.31741 in Diritto & Giustizia 2020).

Tuttavia poiché “è sufficiente che il disturbo venga arrecato ad un numero indeterminato di persone e non al singolo, anche se raccolte in un ambito ristretto, come può essere un condominio…” il reato in esame “..scatta anche se a denunciare è una sola famiglia, se dalle misurazioni risulta che potenzialmente le emissioni sono in grado di disturbare più persone…” (cass. pen. sez. III, 11.01.18, n.18521 in Guida al diritto 2018, 22,19).

E così” “affinché si configuri il reato…occorre che il rumore in condominio e/o le emissioni sonore siano, anche solo potenzialmente, idonee a disturbare un numero indeterminato di persone, non essendo sufficiente che la condotta contestata si avvenuta all’interno di un complesso condominiale, laddove le lamentele provengano da un unico nucleo famigliare” (cass. pen. sez. III, 28.03.19 n.27968, in Diritto & Giustizia 2019, 27 giugno).

E pertanto “il disturbo esclusivamente nei confronti del denunciate, che nella specie aveva riferito di essere disturbato dai rumori del bar soprastante la sua abitazione, non integra il disturbo ex art. 659 c.p.” (cass. pen. sez. III, 12.06.19, n.50772, in Diritto & Giustizia 2020, 27 dicembre).

Si rammenti, però, che “l’affermazione di responsabilità per la fattispecie di cui all’art.659 c.p. non implica, attesa la natura di reato di pericolo presunto, la prova dell’effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l’idoneità della condotta a disturbare un numero indeterminato (fattispecie relativa al rumore in condominio provocati dal continuo abbaiare di un cane)” (Cass. pen. sez. III, 29.11.18, n.5800 in Diritto & Giustizia 2019, 7 febbraio).

Da ultimo, teniate conto che la Cassazione ha affermato che realizza “il reato di cui all’art.659, I comma, c.p., la condotta del responsabile di una società avente ad oggetto l’organizzazione di corsi scolastici, la cui sede sia allocata in un condominio, che attraverso i rumori derivanti dallo svolgimento dell’attività scolastica e dal flusso continuativo della relativa utenza (nelle specie, con andirivieni quotidiano, mattutino e pomeridiano di persone tra studenti, docenti, personale d’ufficio, personale delle pulizie, continua aperture e chiusura delle porte dell’ascensore e della porta d’ingresso dell’appartamento destinato a scuola) risulti avere disturbato le occupazioni e il riposo delle persone abitanti nel condominio” (cass. pen. sez. III, 20.09.16, n.1746 in Guida la diritto 2017, 10,90).

di Mirko Scorsone, avvocato penalista

Decreto Trasparenza: Le Novità In Vigore Dal 13 Agosto

Il Governo ha aggiornato con il decreto trasparenza gli obblighi a carico dei datori di lavoro ampliando la tutela anche per altre figure. La norma introduce diverse regole che è bene conoscere per non incappare nelle sanzioni.

Con l’introduzione del decreto legislativo n. 104/2022 – c.d. Decreto Trasparenza – attuativo della Direttiva UE 2019/1152 è obbligo dei datori di lavoro dell’UE  di assicurare condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili. Il datore di lavoro dal 13 agosto scorso ha l’obbligo di fornire al lavoratore tutte le informazioni principali relative al rapporto di lavoro.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare a ciascun lavoratore in modo chiaro e trasparente le informazioni previste dal dlgs n. 104 del 2022 in formato cartaceo oppure in modalità elettronica o telematica come email personale del lavoratore, email aziendale messa a disposizione dal datore di lavoro tramite consegna di password personale al lavoratore (circolare INL 42022). Le informazioni devono essere conservate e rese accessibili al lavoratore, il datore di lavoro dovrà conservare la prova dell’avvenuta trasmissione o ricezione per cinque anni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Le nuove regole sulla trasparenza nei contratti di lavoro vanno a modificare il decreto legislativo n. 152 del 1997 che regolava la materia e che prima era riferito al solo lavoro subordinato, estendendo la disciplina a tutti i rapporti lavorativi, anche atipici, e rafforzando le tutele.

La circolare n. 4 emanata lo stesso 10 agosto dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito chiarimenti, specialmente per quanto riguarda il carattere sanzionatorio. L’ispettorato specifica, tra le altre cose, che il provvedimento ha efficacia dal 13 agosto ma si applica ai rapporti in essere al 1 agosto 2022, oltre a definire l’estensione degli obblighi di trasparenza ai lavoratori impiegati con tipologie contrattuali atipiche. Sul tema è intervenuto anche il Ministero del Lavoro con la circolare del 20/09/2022 n. 19.

I contratti coinvolti

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro chiarisce che il decreto Trasparenza trova applicazione in particolare per i seguenti rapporti contrattuali:

  • Contratti di lavoro subordinato, incluso quello agricolo (come era già previsto dal Dlgs n 152/ del 1997che il nuovo decreto Trasparenza va a modificare);
  • Contratti in somministrazione;
  • Collaborazioni etero organizzate del dlgs 81/2015 art. 2 comma 1;
  • Contratti intermittenti;
  • Contratti di prestazione occasionale;
  • Collaborazioni coordinate e continuative;
  • Rapporti di lavoro marittimo e della pesca;
  • Rapporti di lavoro domestico;
  • Rapporti con la pubblica amministrazione.

 

Sono esclusi dai nuovi obblighi informativi
  • i rapporti con un tempo di lavoro predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore a 3 ore a settimana in un periodo di riferimento di quattro settimane consecutive;
  • I lavoratori con rapporto di lavoro autonomo d’opera o professionale;
  • I lavoratori sportivi con rapporto di lavoro autonomo non in forma di collaborazione coordinata e continuativa;
  • I familiari che collaborano nell’impresa del familiare titolare;
  • Lavoratori autonomi con rapporto di agenzia o di rappresentanza commerciale.

I nuovi contratti di lavoro dovranno contenere delle informazioni obbligatorie, la circolare n 4 del 10/8/2022 ha chiarito come il nuovo decreto abbia definito gli oneri informativi che il datore di lavoro è tenuto a comunicare al lavoratore.

  • L’Identità delle parti, con particolare attenzione anche in caso di co-datori di lavoro.
  • Il luogo di lavoro, in mancanza di un luogo fisso, il datore di lavoro dovrà comunicare che il lavoratore sarà occupato in luoghi diversi, o è libero di determinare il proprio luogo di lavoro.
  • La sede o il domicilio del datore di lavoro.
  • L’inquadramento, il livello e la qualifica, o in alternativa la descrizione sommaria del lavoro conferito.
  • La data di inizio del rapporto di lavoro.
  • Tipologia del rapporto di lavoro, precisando se in presenza di rapporti a termine e la durata prevista .
  • Durata del periodo di prova.
  • Il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro se prevista.
  • La durata del congedo per ferie, e degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore.
  • La procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoratore o del lavoratore.
  • L’importo della Retribuzione e i relativi elementi che la costituiscono, deve essere indicato anche le modalità di pagamento.
  • La programmazione dell’orario di lavoro, eventuali condizioni in caso di lavoro straordinario, eventuali condizioni di cambiamenti di turni, di programmazione del lavoro.
  • Il contratto collettivo, anche aziendale, con indicazione delle parti che lo hanno sottoscritto.
  • Gli Enti e gli Istituti che ricevono i contributi sia previdenziali che assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro; elementi aggiuntivi sulle modalità di esecuzione della prestazione nel caso siano organizzate con l’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.
Le sanzioni previste per i casi di mancata applicazione del diritto di informazione sugli elementi del rapporto di lavoro, le condizioni di lavoro e la relativa tutela, (obblighi del dlgs. 1042022 agli articoli 1, 1bis, 2, 3, 5 comma 2) è prevista la sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.500 euro  per ogni lavoratore interessato. Le violazioni si realizzano allo scadere dei termini previsti (sette  giorni o un mese) in relazione alla tipologia delle informazioni omesse.

di Marina Parente, consulente del lavoro

Chi Paga I Debiti Di Un Condomino Defunto?

Chi eredita accetta sia i beni sia i debiti del de cuius ma secondo alcune regole precise stabilite dalla legge e con l’eccezione del coniuge che ha diritto di abitazione. Vediamo nello specifico chi paga i debiti di un condomino defunto e su chi deve rifarsi l’amministratore.

Se un condomino possiede, nel proprio patrimonio, un immobile sul quale insistono debiti condominiali, in caso di sua morte, chi dovrà onorarli? I chiamati all’eredità possono decidere di rinunciarvi (art. 519 c.c.). In tale circostanza, non rispondono dei debiti ereditari, né tantomeno delle spese condominiali.

Nel caso di accettazione dell’eredità, invece, gli eredi subentreranno a titolo universale, in ogni diritto e in ogni onere del loro dante causa per cui, si applicheranno le leggi sulla comunione ereditaria, in particolar modo ai debiti ereditari e, nello specifico, ai debiti condominiali.

Gli eredi sono obbligati a corrispondere l’intero importo dovuto anche se antecedente l’anno precedente all’accettazione dell’eredità; per contro non vi è tenuto colui che subentri al de cuius a titolo particolare, ad esempio, in qualità di legatario (Cass., sent. n. 24133/2009).

L’entità del debito “ereditato” varia in ragione del momento dell’insorgenza del medesimo.

Per i debiti sorti prima del decesso del de cuius la norma di riferimento è l’articolo 752 c.c., riguardante la “Ripartizione dei debiti ereditari tra gli eredi” per il quale: “I coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto”.

Dovendo applicare la stessa norma ai debiti condominiali sorti prima della morte del condomino, non troverà applicazione l’articolo 63, comma 4 delle disposizioni attuative del codice civile in materia di condominio per il quale “chi subentra nei diritti di un condomino defunto è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente”. Ma, diversamente, poiché fanno parte ancora della “comunione ereditaria”, sia che si tratti di oneri ordinari che straordinari, gli eredi ne risponderanno in proporzione alla quota di riferimento.

Per gli oneri condominiali sorti dopo il decesso, gli eredi risponderanno in solido alla stregua di qualunque proprietario di immobili, in quanto con l’apertura della successione tutti coloro che hanno accettato l’eredità sono diventati comproprietari dell’immobile.

L’amministratore del condominio che abbia ricevuto dagli eredi la comunicazione dell’accettazione di eredità potrà recuperare il credito del condominio verso il condomino defunto, mediante ricorso per ingiunzione nei confronti di ogni erede, ciascuno pro quota di competenza.

Per i crediti successivi, potrà richiedere un unico decreto ingiuntivo nei confronti di tutti gli eredi per il pagamento in solido. Il coerede che abbia pagato l’intero importo potrà rivalersi nei confronti degli altri comproprietari per la rispettiva quota di ciascuno di essi.

Un’eccezione a tale principio si riscontra nel caso in cui alla morte del condomino subentri l’altro coniuge.

In tale caso, per le sole quote condominiali successive al decesso, risponderà solo il coniuge in quanto titolare del diritto di abitazione (Cass. sent. n. 9920/2017).

Il recupero del credito da parte dell’amministratore è condizionato dall’accettazione dell’eredità da parte degli eredi. Qualora questi rinuncino e l’asse ereditario passi ai successivi chiamati non rinvenibili o anch’essi rinunciatari, l’amministratore può rivolgersi al tribunale al fine di chiedere la nomina di un curatore dell’eredità giacente. Questo provvederà a saldare i debiti in sospeso, nei limiti della consistenza del patrimonio ereditario e ad onorare le successive richieste di pagamento pervenutegli dall’amministratore.

Invece, nel caso in cui un condomino rinunci all’eredità con danno dei suoi creditori o non dichiari di accettarla in seguito all’esperimento della c.d. “azione interrogatoria” (azione finalizzata alla fissazione di un termine – per accettare o rinunziare all’eredità –  superato il quale l’erede perde il diritto di accettare) sussistendo in entrambi i casi il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore , i condomini-creditori possono farsi autorizzare dal tribunale ad accettare l’eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti (art. 524 c.c.).

di Luigi De Santis, avvocato

Con Lo Stop A Google Analytics Le Aziende Sono A Rischio Sanzione

A giugno il Garante della Privacy ha dichiarato illegittimo l’uso dei dati personali fatto da Google Analytics. Ma a rischiare le sanzioni sono i titolari di molti siti Web, spesso ignari della decisione. Contattare un consulente per verificare è il modo migliore di evitare le multe.

Che cos’è Google Analytics? E’ uno strumento gratuito fornito da Google che permette di monitorare il proprio sito web mostrando statistiche e dati relativi all’accesso degli utenti. Proprio la modalità di trattamento, con il trasferimento di dati personali negli USA, è stata considerata illecita dal Garante della Privacy. Lo scorso 23 giugno il Garante italiano si è allineato alla posizione presa dalle altre autorità europee e ha dichiarato che Google Analytics “viola la normativa sulla protezione dei dati perché trasferisce negli Stati Uniti, Paese privo di un adeguato livello di protezione, i dati degli utenti”.

La sentenza si riferisce alla versione “Google Analytics 3” o “Universal Analytics”. Che altro non è che la più diffusa nei siti web come strumento di tracciamento e analisi degli utenti e del loro comportamento sul Web. Alla base dell’illecito non c’è l’utilizzo di Google Analytics in sé e per sé, bensì il fatto che Google Analytics raccoglie e detiene dati personali degli utenti. Così facendo le agenzie governative statunitensi per la sicurezza possono accedere ai dati personali degli utenti raccolti da società con sede negli USA, come lo infatti è Google.

Inoltre possono farlo senza particolari manovre burocratiche e senza che gli interessati ne abbiano notifica o possano opporvisi, anche qualora si trattasse di cittadini europei. Questa libertà di accesso ai dati personali si scontra con le tutele previste dal Reg. UE 2016/679, che è il quadro di riferimento europeo per il trattamento e la tutela dei dati personali. Con l’occasione l’Autorità ha richiamato all’attenzione di tutti i proprietari italiani di siti web, pubblici e privati, l’illiceità dei trasferimenti verso gli Stati Uniti attraverso Google Analytics e ha invitato tutti i titolari di trattamento a verificare la conformità di utilizzo di cookies e altri strumenti di tracciamento dei propri siti Web.

A rischiare le sanzioni del Garante, sia ben chiaro, non è Google, bensì la tua azienda, in quanto titolare del trattamento dei dati. Se vuoi sapere se il tuo sito web sta utilizzando Google Analytics 3 ti consigliamo di contattarci allo 06.83970884 o a scriverci a info@epra.it. In questo modo saprai se stai violando la normativa europea e, soprattutto, sapremo indicarti come adeguarti.

di Ludovica Leoni

Mercato Immobiliare: Meglio Risolvere Con Il Catasto Prima Di Vendere

Burocrazia, sistemi ancora obsoleti e tempi lunghissimi per avere documenti richiedono sempre di più la presenza di figure professionali del mercato immobiliare in grado di arrivare al rogito con i documenti in regola.

Il mercato immobiliare negli ultimi anni ha subito una trasformazione nei modi e nelle tempistiche.

Oggi per immettere nel mercato immobiliare un nuovo immobile non sempre è sufficiente un semplice inserimento sui portali che pubblicizzano la loro vendita ma è frutto (qui sta la serietà del consulente immobiliare incaricato alla vendita) di una selettiva e attenta verifica della conformità di tutta la documentazione inerente l’immobile posto in vendita e la loro, a volte difficile, reperibilità.

Oggi quello che nel passato, poteva essere un “non problema”, si è trasformato in qualcosa di complicato e di difficile e lunga soluzione.

La documentazione di una casa messa in vendita oggi deve essere in linea e conforme alle norme attuali ma soprattutto ci devono essere tutti gli strumenti adatti ad ottenere tale conformità.

Ecco che qui nasce l’esigenza di affidarsi ad un tecnico o ad un consulente immobiliare abilitato e regolarmente iscritto al ruolo che possa esaminare tutta la documentazione, la loro completezza e stilare una prima verifica per poter evidenziare una eventuale carenza che porterebbe ad una non immediata commerciabilità del bene.

Tutto adesso deve essere perfettamente in regola, ed è qui che purtroppo nascono i veri problemi, perché se da una parte il ‘consulente’ può verificare le carte e segnalare al proprietario eventuali mancanze (catastali, urbanistiche, fiscali …) ottenere quest’ultimi in alcuni casi è un percorso lungo e costoso. Purtroppo questo oggi è il vero ‘freno’ al mercato immobiliare.

Abbiamo una macchina che regola questa disciplina commerciale che è priva di mezzi che possano snellire tali procedure di rilascio e una ancora lenta burocrazia amministrativa a fronte di moltissime richieste che la vendita di un immobile richiede. Questa situazione non fa altro che allungare di mesi il rilascio di documentazione, basti pensare che per il rilascio di una concessione in sanatoria oggi i tempi previsti sono di 3/5 mesi! Per non parlare poi di richieste di progetti e licenze.

C’è anche da dire che presto arriveremo a un ‘Certificato di Conformità Urbanistico’ (già previsto in realtà in qualche Regione ) come documento necessario e indispensabile per poter alienare un immobile.

Certo è che il rilascio di tale documento dovrà essere facilitato. I tecnici preposti, nel redigere tale documento dovranno essere messi nelle condizioni di poter lavorare con facilità di consultazione e velocità nel rilascio di documentazione. Gli stessi ‘Consulenti Immobiliari’ dovranno nel contempo, da parte loro, esaminare attentamente la documentazione e verificare la loro conformità.

Meglio è perdere’ un po’ di tempo prima di immettere sul mercato un immobile in modo tale che una volta trovato il giusto acquirente si possa definire il tutto in perfetta tranquillità.

La mia speranza è che tutte queste difficoltà che ora ci sono, nel tempo possano essere solo un ricordo ma soprattutto che tutta la macchina che regola il catasto e le parti urbanistiche del territorio venga aiutata da una completa ed efficiente informatizzazione di tutto il sistema stesso, affinché si possa arrivare ‘felici e contenti’ a dire “Ho venduto casa”.

di Giovanni Romani, agente immobiliare