Posts From maggio, 2023

Cappotto termico in condominio

Superbonus 110% e decoro Architettonico

Cosa comporta la posa del cappotto termico, uno degli strumenti entrati nel vocabolario di tutti noi con l'arrivo del Superbonus 110%?

Un tema molto dibattuto in questi ultimi due anni nelle assemblee condominiali di tutte le città italiane è senza alcuna di dubbio quello del Superbonus 110% e del cd “  Cappotto Termico” , termini che fino a qualche tempo fa pochi ne conoscevano l'esatto significato, a eccezione dei tecnici del settore.

Invece oggi per chi vive in un ambito condominiale, ma anche in abitazioni unifamiliari, è molto conosciuto. Infatti, il cappotto termico, oltre alle varie disquisizioni puramente tecniche di cui non tratteremo in questo articolo, investe molti di noi proprietari di unità immobiliari in modo molto forte. È oggetto, infatti, di estenuanti e appassionate discussioni sia nelle assemblee condominiali, ma anche nella nostra vita quotidiana.

L'aspetto estetico delle facciate del fabbricato in cui viviamo sta a tutti molto a cuore.

Queste discussioni in molti casi hanno portato i condomini nei vari Tribunali per dirimere la questione “Cappotto sì! Cappotto no! Nei casi di cappotto sì cosa si deve fare per non ledere i diritti dei condomini dissenzienti?

La contrarietà all'installazione del cappotto termico può derivare da vari motivi, ma le principali le principali si possono ricondurre a causa:

  • Alcuni sono contrari in quanto privati ​​​​di una porzione della loro proprietà a seguito della riduzione dello spazio a loro disposizione, derivante dall'applicazione dei pannelli del cappotto nella loro proprietà esclusiva, riduzione che può arrivare anche a 15 centimetri;
  • Altri perché ritengono che venga modificata  l'estetica del fabbricato e il decoro architettonico .

Facciamo un po' di chiarezza in merito all'aspetto estetico che è oggetto del nostro articolo.

Va innanzitutto detto che  il decoro architettonico  di un fabbricato condominiale  ha maggiore rilevanza  rispetto a quanto è previsto dalla normativa che ci consente di rispettare alle agevolazioni fiscali previste con il Superbonus 110%. Con la conseguenza che prevale anche sulle esigenze, oggi molto sentite, di riqualificazione energetica di un fabbricato.

Quanto appeno detto in ogni caso ha dei distinguo e non è valido sempre in termini assoluti. In casi specifici si può intervenire sulle facciate condominiali posizionando il cappotto termico.

Vediamo cosa emerge al riguardo dalla giurisprudenza e dall'Agenzia delle Entrate.

La Corte di Cassazione con sentenza n. 10371/2021 dispone che “una delibera che dispone di un'innovazione diretta al miglioramento dell'efficienza energetica del fabbricato non deve essere volta necessariamente anche al miglioramento del decoro architettonico”.

L'Agenzia delle Entrate rispondendo a un interpello pervenutole da un contribuente risponde con la n. 685/2021 in questo modo: “Qualora il tecnico abilitato attesta che la rimozione, o demolizione, degli elementi decorativi della facciata isolante, nonché il successivo riposizionamento degli stessi sono lavori di coibentazione della facciata, le relative spese sono ammesse alla detrazione….”

E quindi possiamo affermare che si può intervenire, senza apportare alcuna modifica ai prospetti originari.

Aspetto nettamente diverso è quello della modifica dell'estetica delle facciate di un immobile a seguito dell'installazione del cappotto termico.

In questi casi non basta certamente una delibera con una maggioranza semplice o qualificata, ma dovrà necessariamente essere adottata all'unanimità. (Corte di Cassazione n. 18928/2022).

Per coloro che non sono esperti in materia condominiale si precisa che una delibera è all'unanimità quando è adottata da tutti gli aventi diritto (adottata con mille millesimi) e non solo dai partecipanti a quella specifica assemblea nella quale viene effettuata la votazione.

di Mariolina Servino, Art Director della Rivista Condominio Zero Problemi 

Le immissioni sonore

La tutela penale da immissioni sonore
È un dato di comune esperienza il frequente insorgere di controversie condominiali a causa delle molestie derivanti da immissioni sonore (provenienti da altre abitazioni o da locali commerciali) o da comportamenti fastidiosi di alcuni condomini. Ma in quali circostanze il compimento di atti molesti diventa un illecito penale?

 

Nel caso delle immissioni sonore, la norma alla quale fare riferimento è l'articolo 659 del codice penale, rubricata “ Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone” che punisce “ chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturbando le occupazioni o il riposo delle persone ”.

Affinché si configuri tale reato, è tuttavia necessario che le emissioni sonore siano percepibili da una cerchia indeterminata di persone, così da essere lesive della tranquillità pubblica. Pertanto, nel caso in cui i rumori molesti vengano denunciati da un solo condomino, o dagli occupanti una singola unità immobiliare prossima alla sorgente del rumore, sarà necessario verificare se anche gli altri inquilini dello stabile ne siano stati (o potrebbero esserne, trattandosi di reato di pericolo) infastiditi. Ed infatti, in un caso avente ad oggetto i rumori lamentati da un condomino e prodotti, anche a tarda ora, dai vicini dell'appartamento soprastante, è stata esclusa la sussistenza del reato poiché, in mancanza di riscontri circa il disturbo per altri inquilini dello stabile, le emissioni sonore non sono risultate incidenti sulla tranquillità pubblica. Parimenti, con una recente pronuncia della Corte di Cassazione, è stato ritenuto insussistente il reato in questione nel caso dei rumori prodotti da una discoteca poiché dall'istruttoria dibattimentale era emerso che l'unica a dolersene era stata una famiglia composta da due persone. Al contrario, il reato è stato ritenuto sussistente nel caso di due coniugi che non impedivano l'abbaiare, anche nelle ore notturne, dei loro cani lasciati nel cortile condominiale, così come nel caso del gestore di un centro commerciale, sito a piano terra di uno stabile condominiale, i cui condizionatori recavano disturbo agli inquilini. è stato ritenuto insussistente il reato in questione nel caso dei rumori prodotti da una discoteca poiché dall'istruttoria dibattimentale era emerso che l'unica a dolersene era stata una famiglia composta da due persone. Al contrario, il reato è stato ritenuto sussistente nel caso di due coniugi che non impedivano l'abbaiare, anche nelle ore notturne, dei loro cani lasciati nel cortile condominiale, così come nel caso del gestore di un centro commerciale, sito a piano terra di uno stabile condominiale, i cui condizionatori recavano disturbo agli inquilini. è stato ritenuto insussistente il reato in questione nel caso dei rumori prodotti da una discoteca poiché dall'istruttoria dibattimentale era emerso che l'unica a dolersene era stata una famiglia composta da due persone. Al contrario, il reato è stato ritenuto sussistente nel caso di due coniugi che non impedivano l'abbaiare, anche nelle ore notturne, dei loro cani lasciati nel cortile condominiale, così come nel caso del gestore di un centro commerciale, sito a piano terra di uno stabile condominiale, i cui condizionatori recavano disturbo agli inquilini.

Le immissioni sonore non costituiscono l'unica ipotesi di molestia condominiale: frequenti è anche il caso di denuncia nei confronti di condomini che gettano dalla finestra o dal balcone rifiuti di vario genere, che finiscono nelle proprietà sottostanti. In tali casi, potrebbe trovare applicazione l'art. 674 cp, rubricato “Getto pericoloso di cose” che punisce “ Chiunque getta o versa , in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti ”.

Affinché il reato in questione risulti integrato è necessario che la condotta sia idonea a causare un danno diretto alle persone e non solo alle cose, di talché se, per un verso, è stata condannata una condomina per aver gettato nel balcone del piano sottostante cicche di sigarette e detersivi corrosivi, non è stato per altro verso riconosciuto il reato nella condotta di scuotimento di tovaglie e tappeti da briciole e polvere, considerato inidonea a causare molestie alle persone.

Le due fattispecie contravvenzionali sopra analizzate, non sono tuttavia gli unici strumenti di tutela penale a fronte di comportamenti molesti in ambito condominiale. Ed infatti nei casi più gravi, allorquando cioè vengano posti in essere atti ripetuti volti ad arrecare volontariamente un disturbo intollerabile a uno o a una pluralità di condomini per un periodo prolungato di tempo, in maniera tale da condizionarne la vita di tutti i giorni, può trovare applicazione il reato di atti persecutori (cd . stalking ) di cui all'art. 612  bis  cp

di Maria Valeria Feraco, avvocato per il Magazine Condominio Zero Problemi

Il sito condominiale

L’importanza di un sito web nel 2023: quanto conta essere online
Oggi è sempre più importante, quasi indispensabile, avere un sito web, che sia per la propria attività, per un professionista, per un amministratore di condominio o per un'associazione. Ma quali sono i benefici ei vantaggi che derivano dalla creazione di un sito internet?

 

Perché chi ancora ne è sprovvisto dovrebbe pensare a svilupparne uno? Prima di tutto  un sito  web  è , a tutti gli effetti,  il biglietto da visita del proprio  business .  Far visitare la pagina web, punto di riferimento per nuovi potenziali clienti, suscita maggiore interesse per il professionista e all'attività ricercati ma, soprattutto, spingerà il nuovo cliente ad affidarsi ai vostri servizi piuttosto che ad altri e consoliderà il rapporto con il cliente già acquisito.

Attraverso un sito internet  è possibile esplicitare la propria filosofia aziendale , le proprie caratteristiche, le offerte e  farsi conoscere come realtà digitale all'avanguardia. È una vetrina che rimane accesa 24 ore al giorno, tutto l'anno. Questo fa sì che l'utente fornisca quella sensazione di tranquillità dovuta alla totale assenza di qualsiasi limite temporale o geografico, che lo rende libero di scegliere quando e dove cercare ciò di cui necessita. E' possibile modificare e aggiungere contenuti ogni volta che lo si ritiene necessario con semplici operazioni; tramite un sito internet, se ben strutturato, le aziende possono presentarsi, raccontarsi e descrivere i prodotti e servizi offerti.

La presenza  online  è fondamentale  per dare rilievo alle proprie iniziative e per accogliere un numero sempre maggiore di utenti  che, se soddisfatti dalla propria esperienza di navigazione, attraverso  feedback  e recensioni, porterà altri utenti, generando un flusso continuo di visitatori virtuali, che equivale ad una potenziale nuova clientela.

La questione più importante e più delicata è sapere  come strutturare il sito internet  e, ovviamente, farlo in modo competente, funzionale, di qualità e intuitivo. Tutto ciò è possibile solo affidandosi a un  esperto  web-designer  che sa indirizzare chi vuole interagire con il resto del mondo, anche virtuale e che sia in grado di tradurre le tue esigenze in una realtà.

di Ludovica Leoni, per il Magazine Condominio Zero Problemi

Legge Pinto

Legge Pinto e legittimazione attiva del singolo condomino
A oltre 30 anni di distanza dall’approvazione della Legge Pinto, oggi i giudici tendono a riconoscere il diritto al risarcimento al solo condominio e non ai singoli abitanti del palazzo.

La legge n. 89 del 2001, meglio conosciuta come “Legge Pinto” (dal nome del suo estensore Michele Pinto), consente di chiedere allo Stato una equa riparazione dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dalle parti a causa della irragionevole durata del processo.

Trattasi di un’obbligazione ex lege di natura indennitaria introdotta al fine di sanzionare la ben nota problematica dell’eccessiva lunghezza dei tempi della giustizia italiana.

Tale normativa e, in particolare, la Legge Pinto si pone in attuazione dell’art. 6 CEDU e dell’art. 111 della Costituzione che sancisce la “ragionevole durata del processo”.

E’ la legge suddetta che sancisce la durata “ragionevole” del processo superata la quale la parte può chiedere il ristoro allo Stato con una procedura ad hoc.

La questione suddetta ha interessato gli addetti ai lavori per quanto concerne la risarcibilità del danno non patrimoniale delle persone giuridiche e, nello specifico, nei confronti del Condominio.

Premesso che in merito alla natura giuridica del Condominio ferventi appaiono oggi i dibattiti in dottrina e giurisprudenza sulla sua qualificazione giuridica, ragion per cui la questione viene trattata in questa sede parlando di soggetti collettivi in generale, si osserva che la giurisprudenza in passato non ammetteva la risarcibilità del danno non patrimoniale nei confronti di un soggetto collettivo in considerazione del fatto che il richiedente deve fornire rigorosa prova del danno il quale deve incidere sull’esistenza, sulla reputazione e sull’identità dell’ente (cfr. Cassazione, sentenza n. 12119/2004).

Solo con la sentenza n. 7145/2006 la Suprema Corte ha chiarito che “in tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo …  anche per le persone giuridiche (e, più in generale, per i soggetti collettivi) il danno non patrimoniale … è … conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria  della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo … a causa dei disagi e dei turbamenti di carattere psicologico che la lesione di tale diritto solitamente provoca alle persone preposte  alla gestione dell’ente o ai suoi membri…”.

Tale sentenza risulta di particolare pregio perché riconosce la risarcibilità del danno non patrimoniale che potrebbe definirsi “indiretta”, in quanto non di vera e propria sofferenza dell’ente immateriale può parlarsi, quanto di un patema d’animo sofferto da colui che l’ente rappresenta o amministra.

Ciò chiarito, bisogna affrontare un’altra questione oggetto di un fervente dibattito, ossia la legittimazione attiva dei singoli condomini a richiedere il risarcimento da irragionevole durata del processo, allorquando nel giudizio la parte processuale sia stata il Condominio.

Sul punto, si segnala che in diverse circostanze i singoli condomini hanno attivato la procedura risarcitoria anzidetta motivando la propria legittimazione attiva sulla connessione del diritto dal quale scaturiva la pretesa indennitaria.

La Cassazione, però, è più volte intervenuta negando la legittimazione attiva del singolo.

E’ stato chiarito che  “in caso di violazione del termine ragionevole del processo, qualora il giudizio sia stato promosso dal condominio, sebbene a tutela di diritti connessi alla partecipazione di singoli condomini, ma senza che costoro siano stati parte in causa, la legittimazione ad agire per l’equa riparazione spetta esclusivamente al condominio, quale autonomo soggetto giuridico, in persona dell’amministratore, autorizzato dall’assemblea dei condomini.” ( cfr. Cass. sent. n. 5426/16)

Pertanto, seguendo quello ad oggi appare l’orientamento prevalente, si deve concludere che nel caso in cui il Condominio sia stato parte di un processo, la successiva richiesta indennitaria spetta esclusivamente al Condominio in persona del suo Amministratore e non al singolo condomino.

di Filippo Simone Zinelli, avvocato per il Magazine Condominio Zero Problemi

L'evoluzione della figura dell'amministratore di condominio dal punto di vista giuridico

L’Amministratore di condominio: libero professionista?
Come bisogna la professione dell’amministratore di condominio che, negli ultimi anni, ha visto introdurre strumenti e ruoli che fanno di chi la esercita a tutti gli effetti un libero professionista?

La Seconda Sezione della Corte di Cassazione riunita  in Camera di Consiglio il  22 gennaio 2021 n. 7874 ha affermato che: “il contratto tipico di amministrazione di condominio … omissis … non costituisce prestazione d’opera intellettuale, e non è perciò soggetto alle norme che il codice civile  prevede per il relativo contratto, atteso che l’esercizio della relativa attività di amministratore di condominio non è subordinata – come richiesto dall’art. 2229 c.c. – all’iscrizione in apposito albo o elenco,  … omissis … e rientra, piuttosto, nell’ambito delle professioni non organizzate in ordini o collegi, di cui alla legge 14 gennaio 2013 n. 4”.

Tale autorevole affermazione ha suscitato un ampio dibattito focalizzato sull’assunto “atteso che l’esercizio di tale attività non è subordinata – come richiesto dall’art. 2229 c.c. – all’iscrizione in apposito albo o elenco … “

Con tutta la modestia possibile, ma con pari fermezza, pur tenendo conto del valore altissimo di coloro che già si sono pronunciati in senso favorevole a tale pronunciamento, mi permetto di scrivere che non sono d’accordo con la Corte di Cassazione.

Con l’espressione libero professionista si intende un lavoratore autonomo che presta la propria attività di natura intellettuale a favore di terzi.

Ebbene, per la massima chiarezza espositiva dico subito che a mio parere l’amministratore di condominio è un libero professionista a tutto tondo e lo è sia perché lo prevede la normativa, sia perché lo è nei fatti.

La normativa

Rileggiamo il primo comma dell’art. 2229 c.c., sul quale si fonda il ragionamento della Suprema Corte: ”La legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi o elenchi”.

Ebbene, la norma in esame non dice che per aversi una professione intellettuale sia sempre e comunque necessario l’iscrizione ad un albo o elenco. Non impone quale condizione sine qua non l’iscrizione ad un albo o elenco per l’esercizio di una professione intellettuale.

Più semplicemente ed esattamente il citato capoverso ci dice che la legge individua quali siano le professioni intellettuali per le quali sia necessaria l’iscrizione ad un albo. Ma non vieta, non impedisce che ci siano professioni intellettuali per le quali non sia necessaria l’iscrizione in albi o elenchi.

Infatti non è scritto: “requisito essenziale per l’esercizio di una professione intellettuale è l’iscrizione in appositi albi o elenchi”.

Il capoverso dell’art. 2229 c.c. opera una mera, seppure rilevante precisazione, affermando che vi sono delle professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in albi o elenchi, ma non esclude, tutt’altro, che possano esservi altre professioni intellettuali per le quali tale iscrizione non sia un presupposto essenziale.

E tutto ciò viene confermato proprio dalla legge 14 gennaio 2013 n. 4 che, in perfetta aderenza al dettato del primo comma dell’art. 2229 c.c., ha, per l’appunto, disciplinato alcune professioni intellettuali per il cui esercizio non è prevista l’iscrizione in albi o elenchi.

Per semplicità riporto qui di seguito lo stralcio del testo dei primi articoli della legge 14 gennaio 2013 n. 4

“Art. 1. La presente legge, in attuazione  dell’art.  117,  terzo  comma, della Costituzione e nel rispetto dei principi dell’Unione europea in materia di concorrenza e di libertà’ di circolazione,  disciplina  le professioni non organizzate in ordini o collegi.”

Il testo è chiaro, è in perfetta armonia, concorda con quanto previsto dal capoverso dell’art. 2229 c.c.: la legge in esame disciplina le professioni intellettuali per il cui esercizio non sia presupposto necessario l’iscrizione ad un albo.

“Art.  2. Ai fini della presente legge, per «professione  non  organizzata in ordini o collegi», di seguito denominata «professione», si intende l’attività’ economica, anche organizzata, volta alla  prestazione  di servizi o di opere a  favore  di  terzi,  esercitata  abitualmente  e prevalentemente mediante lavoro intellettuale,  o  comunque  con  il concorso di questo, con  esclusione  delle  attività’  riservate  per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi  dell’art.  2229 del codice civile … “

“Art. 4. L’esercizio   della   professione   è   libero   e    fondato sull’autonomia, sulle  competenze  e  sull’indipendenza  di  giudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto dei  principi  di  buona  fede, dell’affidamento del pubblico e della clientela,  della  correttezza, dell’ampliamento e della specializzazione dell’offerta  dei  servizi, della responsabilità del professionista.”

Le parole “professione “ “lavoro intellettuale”, “giudizio intellettuale”, ma soprattutto l’intero impianto della legge n. 4/2013 sono inequivocabili. Il legislatore ha voluto disciplinare le professioni intellettuali “non  organizzate in ordini o collegi”.

Le norme quindi riconoscono la legittimità e quindi e consentono che vi siano professioni intellettuali per il cui esercizio non sia obbligatoria l’iscrizione in un albo.

La realtà sostanziale

L’attività dell’amministratore di condominio, soprattutto dopo la radicale riforma del 2012, non può più essere racchiusa nella troppo stretta gabbia del contratto di mandato, che può spiegare solo in parte, e neppure la più rilevante, la natura della sua attività professionale. L’attività dell’amministratore è ben più complessa e diversa da quella prevista e disciplinata dal contratto di mandato.

L’attività dell’amministratore di immobili oggi implica responsabilità personali che il mandatario non conosce.

E allora è logico domandarsi in che cosa consista l’attività dell’amministratore di immobili, quale sia la natura della sua attività e il confronto con la realtà quotidiana  mi porta alla conclusione che l’amministratore di condominio sia un libero professionista.

Perché la sostanza delle cose alla fine prevale sugli schemi giuridici preconfezionati.

Mi limito a due esempi eclatanti di attività professionali dell’amministratore.

L’art. 1130, 1° comma, nn. 3 e 4 c.c. dispone che l’amministratore agisca per il recupero in via giudiziaria ed esecutiva dei crediti per quote condominiali non pagate senza aver bisogno di alcuna delibera che lo autorizzi. Del pari è tenuto a compiere gli atti conservativi, sostanziali e giudiziari, in via autonoma, senza necessità di alcuna delibera.

Decide lui, in piena autonomia, in base alla propria competenza professionale se e quando agire. Sceglie lui l’impresa alla quale affidare l’intervento urgente per eliminare il pericolo o il legale al quale affidare il mandato ad agire o resistere in giudizio. Sono sue personali valutazioni.

Decide lui, perché ha il diritto e il dovere professionale di farlo. Se e che cosa fare è  una sua scelta intellettuale. Ha una tale e totale autonomia decisionale che le sue scelte ricadono in modo ineludibile sui condomini, i quali sono poi tenuti al pagamento delle spese derivanti dalle sue decisioni. E se le sue decisioni, se le sue scelte autonome fossero sbagliate, sarà tenuto a risponderne personalmente.

Lo stesso discorso vale nelle ipotesi di cause che abbiano come oggetto l’impugnazione delle delibere assembleari.

La Corte di Cassazione ci ha insegnato che in tali casi l’amministratore ha il diritto e il dovere professionale di difendere le delibere impugnate senza chiedere all’assemblea di essere autorizzato alla difesa. E’ suo dovere professionale valutare la situazione, scegliere il legale e concordare con lui le logiche difensive. E anche in questo caso la sua decisione, presa in totale autonomia, vincola i condomini, i quali dovranno sostenere i relativi costi.

Se l’amministratore di condominio non fosse un libero professionista, tutto questo non sarebbe possibile.

di Ferdinando della Corte, avvocato per il Magazine Condominio Zero Problemi

Tecnologia in condominio

Il condominio smart: la tecnologia al servizio degli inquilini
Dal monitoraggio dei consumi, alla bacheca digitale: tanti strumenti per un condominio che è sempre più smart.

Oggi, rispetto al passato, alle figure professionali è richiesta una crescita più dinamica, per non rimanere indietro e mantenere il passo con il cambiamento.

L’amministratore di condominio non sfugge a questa regola: il progresso, il benessere e la qualità della nostra vita dipendono anche dalla loro capacità nell’affrontare lo sviluppo tecnologico per soddisfare le richieste dei condòmini implementando con criteri pertinenti le giuste soluzioni e rispettando la regola d’arte. Una figura professionale, quella dell’amministratore, a cui è richiesto di dimostrare maggiore sensibilità e proattività nell’adeguare le infrastrutture del condominio per accogliere i nuovi servizi a valore aggiunto rivolti alle famiglie.

Lo richiede un mercato competitivo orientato sempre di più ad un business digitale in continua crescita. È in gioco la capacità a manifestare le giuste competenze alle problematiche espresse, quindi è necessario selezionare un referente degli impianti tecnologici, valido e preparato, al quale delegare scelte più specifiche e squisitamente tecniche soprattutto per la parte digitale.

Tra questi citiamo il monitoraggio istantaneo dei consumi elettrici, idrici e del riscaldamento per sensibilizzare i condomini al contenimento dei costi. Un altro elemento presente nel condominio smart è la bacheca elettronica, da sostituire alla bacheca cartacea in cui collocare le comunicazioni e dotata di touch screen, proprio come se fosse un vero PC e connessa alla rete internet.

Molti condomini offrono agli inquilini un servizio di WiFi condominiale, al fine di ridurre l’inquinamento elettromagnetico o si dotano di stazioni di ricarica per le auto elettriche o, TV DTT/SAT, il broadband, la videosorveglianza, ecc.

Bisogna perciò affrontare un aspetto sostanziale: come organizzare la formazione e l’aggiornamento in un settore così specifico come quello tecnologico che muta a gran velocità, andrebbero effettuate  una  serie di sessioni formative  in collaborazione con le associazioni di categoria dedicate all’impiantistica nei condomini per spiegare agli amministratori le soluzioni tecnologiche disponibili oggi, con focus sulle prospettive future e con attenzione alla neutralità tecnologica necessaria a garantire pari opportunità di scelta.

Tante sono le innovazioni tecnologiche e gli elementi che trasformano il condominio tradizionale in un condominio smart.

Recenti studi mostrano come l’adozione delle moderne tecnologie, di dar vita a un condominio intelligente, in cui le spese di gestione nel lungo e medio periodo sono contenute.

Obiettivo del condominio smart è aumentare il benessere, la socializzazione e le occasioni di incontro tra i condomini, ma soprattutto migliorare il comfort abitativo rendendo ogni condominio un vero e proprio ecosistema a “impatto zero”.

di Maurizio Maddalo, IT Manager per il Magazine Condominio Zero Problemi

Bonus fiscali in condominio

Fine annunciata e non prematura dei bonus fiscali in edilizia
Sconto in fattura e cessione del credito finiscono in soffitta mettendo una seria ipoteca sui bonus fiscali ora accessibili a pochi. Incentivi utili che andavano programmati meglio.

L’ultimo decreto milleproroghe del Governo, sancisce la cessazione della cessione del credito e dello sconto in fattura. Sostanzialmente per coloro che non hanno capienza fiscale, ovvero il cui reddito non consente di detrarre dalle dovute tasse quanto speso per la riqualificazione energetica o per la ristrutturazione del proprio immobile, si para davanti il muro della inaccessibilità a tali bonus fiscali.

Perché è successo questo? I fattori sono molteplici.

Uno su tutti è lo scollamento tra la mole della misura Superbonus 110% e la volontà da parte di alcune parti politiche di continuare a gestirla.

È ben noto che essa fu concepita il 18 luglio 2020 con il decreto n. 77, quindi in piena epoca pandemica, fase storica improvvisa e di estrema difficoltà che affossava ancor di più la disastrosa condizione nel quale versava il settore dell’edilizia nel nostro Paese. Con il sopraggiungere di codesta misura si è creata una ventata di ottimismo che si è tradotta in una immediata marcia in avanti in campo occupazionale e produttivo.

L’aspetto più rilevante, a parte la prospettiva di migliorare energeticamente e strutturalmente i propri immobili, era quella della percentuale di detrazione fiscale attribuita alla spesa fatta o da fare e la possibilità di cedere il credito ed usufruire dello sconto in fattura. In parole povere, oltre a beneficiare della detrazione totale al 100%, vi era un 10% in più premiale che di fatto era diretto ad incentivare chi acquisiva il credito.

Il processo comportava semplicisticamente quindi tre attori principali: il soggetto “A” che era intenzionato a rinnovare radicalmente la propria casa, l’impresa “B” che realizzava i lavori e che emetteva una fattura a zero verso “A” acquisendo il credito, che poi cedeva al soggetto finanziario “C”, il quale se lo detraeva dalla sua fiscalità. Il soggetto “C” restituiva all’impresa quasi il 100% della spesa lavori e si riservava il restante 10% come agio per l’acquisto del credito.

Andando avanti nel tempo quel 100% si è assottigliato, in pratica “C” decurtava in misura maggiore la monetizzazione del credito verso “B” che faticava sempre più a fare fronte al crescente costo dei materiali ai quali si faceva fronte adeguando i prezzari sulla base di cui si svolgevano i computi metrici estimativi dei lavori da portare in detrazione.

A ciò si aggiungeva il difficile reperimento di questi ultimi e quindi nasceva il problema di rientrate nei tempi di una misura temporalmente a termine, altra criticità di non facile superamento, se non con alcune proroghe che procrastinavano in maniera articolata la fruizione dell’incentivo a seconda dei soggetti beneficiari.  Alla fine, scaduto un certo termine, che per i condomini era il 31 dicembre 2023, l’aliquota si abbassava progressivamente sino al 2025. Tuttavia rimanevano in piedi anche la cessione del credito e lo sconto in fattura.

È inutile ora andare a sbobinare tutta la sequela delle modifiche fiscali, tecniche e temporali, non basterebbe un trattato in materia, peraltro difficilmente estendibile per essere perfettamente aderente alla cronistoria degli eventi. Di fatto attualmente appare incomprensibile un certo aspetto.

Come mai una misura che era a termine e che prevedeva una spesa pubblica, o meglio una minore entrata di introiti fiscali verso lo Stato per un massimo di 32 miliardi di euro, è arrivata a costarne 120 di miliardi? Già all’inizio del 2022 alcuni istituti di credito avevano acceso il “warning” e segnalavano che erano arrivati al tetto della loro capacità fiscale.

Forse era il caso di interrompere allora il processo e poi resettarlo studiando un nuovo provvedimento mentre si verificavano i risultati iniziali. Di seguito si poteva poi tentare di rendere la misura come strutturale e permanente, ma con maggiore sostenibilità dei conti pubblici e considerando l’equilibrio che si creava tra minori entrate fiscali con il maggiore gettito dato dall’incremento occupazionale e produttivo e dall’aumento del PIL.

Messo tutto in discussione e decretando l’annullamento della cessione del credito/sconto in fattura, peraltro allargato a tutti gli altri bonus fiscali minori, di fatto il settore edile è bloccato, trascinando nella crisi il proprio indotto ed altri comparti produttivi che crescevano di riflesso.

Attualmente risulta non sostenibile per chi non ha sufficienti possibilità cambiare la propria caldaia e gli infissi esterni senza usufruire dello sconto del 65% o 50%, figuriamoci se si vanno a considerare maggiori impegni di spesa per la riqualificazione energetica globale dell’immobile o la sua messa in sicurezza antisismica.

Vi sono soluzioni al problema? Di certo sul tema vanno responsabilizzati tutti, soprattutto i beneficiari che devono avere coscienza sull’attenta scelta degli interventi e sullo stile di vita per la diminuzione dei consumi quotidiani. A ciò però è d’obbligo da parte del Governo utilizzare tutte le risorse comunitarie per intervenire decisamente su quei versanti più globali che investono il settore dei trasporti, l’incentivazione delle fonti rinnovabili di energia, la ricerca e quant’altro utile per rientrare nei criteri del pubblico interesse e senza ricadere in manovre incentivanti di tipo eccessivamente privatistico che vanno ad aumentare il debito pubblico.

Il Governo e le parti politiche devono mettere seriamente la testa sopra al problema, anche perché le misure restrittive sull’uso del gas fossile sono alle porte e non basta sostituire con la pompa di calore la caldaietta a muro appesa fuori al balcone.

Non si può puntare il dito biasimando le persone che volevano rifarsi casa a spese dello Stato e adducendo le motivazioni della frode che ha caratterizzato in parte il processo dei bonus fiscali.

Il dovere del controllo è di competenza degli organi statali di vigilanza così come lo è l’attenta programmazione della spesa, ma se non si interviene più generalmente sul costo del lavoro attraverso l’abbassamento del cuneo fiscale, la lotta al precariato ed il sostegno ai settori sociali in disagio, difficilmente si potrà raggiungere un maggiore benessere che potrà costituire un invito a fare di tasca propria, almeno in parte, la riqualificazione della propria casa.

Particolare attenzione va fatta rispetto alla sicurezza antisismica: ogni evento che si scatena sul nostro Appennino, costa decine di miliardi di euro che in urgenza vengono messi a disposizione. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, (PNRR) fondato su risorse comunitarie messe a disposizione, assegna notevoli risorse che vanno utilizzate immediatamente nella logica che la salvaguardia del territorio non può unicamente essere a carico del singolo proprietario o altri in concorso con esso.

di Domenico Sostero, architetto per il Magazine Condominio Zero Problemi

Conto corrente condominiale

Pignorabilità del conto corrente: si o no?

Un tema di particolare interesse inerisce la pignorabilità o meno del conto corrente condominiale.

Trattasi di un quesito di grande importante all’indomani della nota riforma del 2012.

L’art. 1129 co. 7 c.c. dispone che l’amministratore è obbligato “a far transitare le somme ricevute a qualsiasi titolo dai condomini o dai terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al Condominio”. Si legge nel prosieguo: “ciascun condomino, per il tramite dell’Amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia , a proprie spese, della rendicontazione periodica”.

E’ utile, a tal uopo, ricordare che tra le ipotesi legittimanti la revoca dell’Amministratore di Condomino vi rientrano proprio ex art. 1129 co. 12 n. 3 e 4 c.c. la mancata apertura e l’utilizzazione del conto corrente intestato, nonché “la gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o degli altri condomini”.

Va, inoltre, tenuto in debito conto che il novellato art. 1135 c.c. ha sancito che qualora la delibera del consesso assembleare disponga la realizzazione di opere di manutenzione straordinaria, l’assemblea è obbligata ex lege a creare un fondo speciale di importo pari alla realizzazione dei lavori. Logica conseguenza di tale scelta normativa è che poiché l’art. 1129 è collegato all’istituzione del fondo speciale, allora le somme dovranno essere versate sul conto corrente condominiale.

Proprio con riguardo alla pignorabilità del conto corrente sono sorti dubbi interpretativi sull’applicabilità o meno dell’art. 63 co. 2 disp. att. c.c..

Un orientamento ritiene inammissibile il pignoramento del conto corrente in assenza della preventiva escussione dei condomini morosi, come sancito dalla norma ultima citata. Secondo altro orientamento, invece, il conto corrente è pignorabile poiché nessuna disposizione sancisce la preventiva escussione del condomino rispetto all’azione intrapresa nei confronti del condominio. Inoltre, sempre secondo tale orientamento, nessuna disposizione prevede l’impignorabilità delle somme giacenti.

E’ bene, però, osservare che, come sovente accade in materia condominiale, il quesito andrebbe risolto sulla base della corretta natura giuridica che viene fornita al Condominio.

Pertanto, se le somme giacenti non costituiscono patrimonio separato del Condominio, le stesse sono direttamente imputabili ai condomini, ergo torna in auge la summa divisio condomino moroso/condomino virtuoso. Ne consegue che la riscossione sarebbe comunque soggetta all’onere della preventiva escussione del condomino moroso.

Va, però, debitamente considerato che a fronte ad ogni contrattazione con un soggetto terzo coesistono distinti rapporti obbligatori inerenti l’intero debito e le singole quote facenti capo, le une, al condominio nella sua interezza e le altre ai singoli condomini.

E’ dunque ammissibile la pignorabilità del conto corrente qualora sia volto a soddisfare la sola obbligazione del condominio nella sua interezza.

Il tema risulta comunque oggetto di dibattito.

 

di Sergio Barbera, avvocato per il Magazine Condominio Zero Problemi