Posts From settembre, 2021

Agibilità, condoni, asseverazioni di stato legittimo, vediamo quali sono i criteri necessari per accedere agli sgravi fiscali

DOCUMENTI URBANISTICI NECESSARI PER ACCEDERE AI BONUS

Il rilancio dei settori produttivi duramente provati dalla pandemia passerà anche attraverso diverse misure di incentivazione fiscale, che prevalentemente riguardano quello strategico del comparto edile. Questo settore può rimettersi in marcia attraverso il recupero del patrimonio edilizio esistente basandosi sull’efficientamento energetico, sull’adeguamento antisismico e sull’eliminazione dello stato di degrado delle facciate. Il conseguimento di tali obbiettivi, comporta effetti diretti sul valore del costruito e, più in generale, sulla migliore qualità ambientale data la minore emissione di anidride carbonica nell’atmosfera. Inoltre con il cosiddetto “recupero dell’esistente”, si dissuade l’accesso forzato alle nuove costruzioni attuando così un risparmio del consumo di suolo, oramai saturo di nuove cementificazioni.

Evoluzione dei titoli edilizi fino ai giorni nostri

Dato che la manovra è prettamente orientata sulla conservazione e miglioramento dell’esistente, è stata posta la condizione che gli interventi necessari siano preventivamente supportati dal requisito di “legittimità urbanistica” del fabbricato oggetto di riqualificazione. Per potere illustrare al meglio tale requisito essenziale è necessario riferirsi a quei “titoli edilizi” emessi dalla pubblica amministrazione che hanno autorizzato la realizzazione del fabbricato oggetto d’intervento. Nel caso di Roma, che è caratterizzata da un centro storico al cui esterno si espande un tessuto edificato lungo il sistema radiale delle vie consolari (attuato in fase otto-novecentesca), le origini del processo autorizzativo edilizio vanno ricondotte al primo decennio del secolo scorso. In quell’epoca fu istituito l’obbligo del titolo abilitativo per le nuove costruzioni all’interno del perimetro delle mura aureliane e nella parte di territorio più prossimo ad esse. Tale regime autorizzativo fu conservato e poi mantenuto con la istituzione del governatorato in epoca fascista, sino alla fase bellica del secondo conflitto mondiale. Proprio del 1942 è la legge nazionale urbanistica n. 1150 che rendeva obbligatoria su tutto il territorio cittadino regolato da piano regolatore, la necessità della licenza edilizia (poi estesa con la “legge ponte” n. 765 del 1967 al territorio a tutto il territorio comunale, a prescindere dalla dotazione degli strumenti urbanistici).

Con il sopraggiungere della legge n. 10 del 1977, detta “Bucalossi”, il titolo abilitativo cambia nome e diventa “concessione edilizia, per poi trasformarsi in “permesso di costruire” con  il testo unico edilizia di cui al dpr 380 del 2001. A tali titoli edilizi si accompagna quello relativo all’agibilità, che suggella quanto costruito legittimamente come idoneo sotto il profilo della salubrità, della sicurezza statica e della destinazione degli immobili presenti nel fabbricato in base al loro uso e distribuzione ai vari piani, a seguito di sopralluogo eseguito dagli organi di sorveglianza preposti a tale verifica, poi sostituita da autocertificazione soggetta a controllo. Forse tale narrazione può risultare prolissa e stancante, tuttavia è spesso riscontrabile nel caso di vendita del bene singolo: il proprietario si trova davanti al notaio che chiede, ai fini della vendita del bene, i titoli edilizi prima narrati che in forma subordinata devono essere accompagnati dal complementare, ma necessario, avvenuto accatastamento. Se quest’ultimo non è conforme al titolo edilizio originario o, ancora peggio, lo stato di fatto rilevato è difforme da ambedue i documenti, ne va ricercata la ragione, ovvero va individuato un eventuale ulteriore titolo successivo che ne ha sancito la variante. Si innesca di seguito un processo di ricerca che in assenza di basi documentali, può anche condurre ad una serie di sanatorie non sempre possibili.

Utilità ai fini dei bonus

 

A tal punto il lettore si chiederà che cosa attiene tutto ciò ai “bonus”.  La risposta la si trova nell’art. 49 del dpr n. 380/2001 che dispone l’impossibilità di accedere a detrazioni fiscali in presenza di abusi edilizi, sia esso superbonus, bonus facciate, eco bonus o bonus casa. Ciò attiene ovviamente alle parti di fabbricato oggetto d’intervento. Ovvero, essendo il superbonus 110% ed il bonus facciate 90% prettamente dedicati alle parti comuni del fabbricato, è per esse che va verificata la loro legittimità urbanistica, ovvero la loro conformità rispetto al titolo abilitativo originario o a quello relativo alle successive varianti autorizzate.

Il professionista chiamato ad eseguire tale verifica deve emettere una asseverazione di “stato legittimo” che fa parte del compendio delle documentazioni che accompagnano l’iter amministrativo, fiscale e finanziario, che rendono possibile l’incentivo della detrazione o della cessione del credito alle imprese (o ad altro soggetto finanziario che lo acquisisce). Tuttavia, se le difformità tra il progetto allegato al titolo abilitativo e lo stato di fatto sono di lieve entità, si può comunque ottenere l’accesso ai bonus.

La quantificazione di tale entità viene stabilita dall’art. 34 del testo unico dell’edilizia (dpr 380/2001) successivamente modificato dal dl semplificazioni che fissa nella misura minima del 2% il mancato rispetto dell’altezza, della cubatura, della superficie coperta, dei distacchi, e di ogni dimensionamento delle singole unità immobiliari, tale che esso non costituisca difformità rispetto alle misure riportate nel titolo abilitativo.

Se si ricade nella misura maggiore di tale parametro, non si può accedere ai bonus prima citati. Tale condizione riguarda una notevole parte del patrimonio edilizio nazionale. Tuttavia laddove non sia reperibile la necessaria documentazione, subentra, soprattutto per gli immobili più datati, l’articolo 9 dell’onnipresente testo unico dell’edilizia novellato dal dl semplificazioni. Secondo questa norma lo stato legittimo è: “quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza”.

“A tali documenti”, prosegue la norma, “va aggiunto il titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio sull’immobile o sull’unità immobiliare, integrato con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali”.

Parlando sempre di difformità, va poi presa in considerazione quella molto ricorrente operata dal singolo sulla parte comune. In tale caso se la difformità è stata sanata o condonata va censita nello stato legittimo. Qualora non vi fosse legittimità riscontrata va verificata la sua sanabilità e quindi deve essere avviato il relativo iter. Se non ricorre la possibilità di sanare, l’abuso va rimosso, ciò al fine di non compromettere l’accesso ai bonus da parte dei restanti condomini che non hanno commesso alcun illecito edilizio.

Se non si verifica tale condizione, sussiste la possibilità di avviare la procedura legale di rivalsa nei confronti di chi si oppone alla rimozione dell’abuso. Sicuramente la problematica inerente alla legittimità urbanistica è molto attuale e stringente e non trova nell’immediato delle soluzioni qualora essa non ricorra e non sia conseguibile. Di sicuro l’aspetto dirimente è che, in assenza di abusi si accede ai bonus, in caso contrario vanno valutati con consapevolezza i relativi effetti.

di Domenico Sostero, architetto per il Magazine Condominio Zero Problemi

Come combattere l'umidità da risalita

UN PROBLEMA FREQUENTE: L’UMIDITA’ DI RISALITA

L'umidità di risalita è un problema molto frequentato che pochi tecnici però sanno affrontare e risolvere. Si presenta negli appartamenti a piano terreno, in quelli a piano interrato, nelle cantine nei garage, a causa della salita di acqua lungo i muri. Produrre macchie, rigonfiamenti, distacchi di intonaci, cioè danni visibili alle pareti. Ma producono anche danni invisibili quali muffe e batteri che sono dannosi per la salute, come lo è anche l'umidità ambientale, sempre presente in questi casi, responsabile di molte malattie respiratorie.

COME SI RISOLVE IL PROBLEMA?

C'è una sola soluzione: eliminazione le cause di questa umidità e cioè l'acqua presente nei muri. Ma come si fa? Certo non sostituendo l'intonaco o mettendo delle contro pareti o peggio ancora con iniezioni chimiche. Questi sono tutti rimedi tradizionali che sugli effetti, non sulle cause. E così facendo il problema viene nascosto per un po', ma poi si ripresenta. La soluzione è una sola:

TOGLIERE L'UMIDITA' DAI MURI  perché solo quando l'acqua non sarà più nel muro che si sarà asciugato, il problema sarà risolto per sempre. E c'è un solo modo per togliere l'acqua dai muri, un'unica soluzione e cioè la tecnologia cosiddetta a diretta interazione molecolare, cioè un'azione mirata sulle molecole dell'acqua presente nei muri.

In cosa consiste?

È una tecnologia che interviene attraverso dei dispositivi elettronici di piccole dimensioni che vengono fissati alle pareti ed emettono degli impulsi elettromagnetici a bassissima frequenza, che vanno a colpire le molecole dell'acqua muri creando un disturbo. Come effetto di questa azione di disturbo sulle molecole dell'acqua, se ne blocca la salita e si inverte il moto ascensionale dell'acqua che, nella discesa in parte evapora dalle pareti e in gran parte viene rispedita nel terreno. Al termine del processo, il muro è asciutto ea quel punto si potrà ripristinare l'intonaco e la pittura senza ulteriori interventi.

Come si deve agire?

Bisogna contattare le ditte specializzate che utilizzano questa tecnologia, che sono pochissime: queste ditte inviano dei tecnici specializzati che eseguono dei sopralluoghi gratuiti, nel corso dei quali fanno rilievi strumentali e indagini visive e fotografiche e raccolgono tutte le informazioni sulla problematica. Presentano quindi una proposta tecnica ed economica per l'installazione, in genere di uno o due dispositivi elettronici, che sono sufficienti a gestire il problema in abitazioni di medie dimensioni. Questa tecnologia, frutto di anni di studi in laboratorio, è utilizzata in numerosi paesi d'Europa e del mondo, e in Italia è stata introdotta da circa quindici anni e per questo ancora non è molto conosciuto.

Tra l'altro è una tecnologia:

NON INVASIVA – non si rompono i muri, non si sporca, non si interrompe l'attività nei locali;

A BASSO impatto visivo – i dispositivi sono di piccole dimensioni;

ECOLOGICA  – non è dannosa per la salute;

ECONOMICA  – il costo dei dispositivi è contenuto;

RISOLUTIVA – si risolve il problema una volta per tutte.

Tra le ditte specializzate che impiegano questa tecnologia la più conosciuta e la più qualificata è la  ECODRY ITALIA

di Maurizio Giambartolomei, ingegnere per il Magazine Condominio Zero Problemi

IL BROKER ASSICURATIVO

COME SCEGLIERE L’ASSICURAZIONE DI CONDOMINIO E IL GIUSTO BROKER

La nostra Società nasce nel 2007 dalla collaborazione di uno staff di professionisti che ha maturato un’esperienza ventennale nel settore, acquisendo un’alta competenza nel comparto assicurativo e nella gestione del portafoglio polizze di aziende di piccole e medie dimensioni, sia nel privato che in quello della pubblica amministrazione.

 

Chi è il broker assicurativo? È un libero professionista che svolge la funzione di mediatore tra il Cliente e le Imprese d’Assicurazioni. Egli rappresenta sempre il cliente. Non ha poteri di rappresentanza dell’impresa di assicurazione e di riassicurazione. Non si limita a distribuire i prodotti assicurativi ma è un soggetto indipendente in grado di offrire attività di consulenza generando quindi un contributo di valore per il cliente. Il broker riunisce in un’unica figura tre competenze complementari:

  • RISK MANAGEMENT – Individuare, valutare e proteggere dai rischi, proponendo  anche strumenti “su misura” per disporre delle risorse finanziarie necessarie in caso di accadimento di un rischio attraverso il trasferimento al mercato assicurativo;
  • CONSULENZA TECNICO – ASSICURATIVA – Monitorare costantemente i mercati assicurativi anticipandone le potenzialità e controllandone la qualità;
  • ASSISTENZA OPERATIVA GESTIONALE -Predisposizione dei capitolati di polizza, amministrazione delle polizze, trattazione dei sinistri.

Ma vediamo come l’attività del broker può essere indispensabile anche per scegliere una copertura assicurativa adatta alle esigenze di un  condominio.

Per prima cosa occorre chiarire che l’assicurazione del condominio non è obbligatoria, nel senso che al momento non esiste una legge dello Stato che ne impone l’obbligatorietà ( come per es. quella della c.d. Rcauto). Tuttavia il condominio dovrà dotarsi di una polizza, quando avere l’assicurazione è stato stabilito:

– dal regolamento condominiale;

– oppure, da una delibera dell’assemblea condominiale.

Assicurazione Condominiale – Cosa copre?

Generalmente l’assicurazione del condomino viene solitamente configurata e proposta come una polizza globale fabbricati, una polizza cosidetta a rischi nominati (o a rischi definiti) dove l’assicuratore garantirà tutti i rischi definiti, elencati nel contratto e conseguentemente escluderà tutto ciò che non è nominato. Pertanto in questa fattispecie contrattuale è importante stabilire quali siano le esigenze ed i rischi specifici del condominio sia in termini di garanzie che di prestazioni assicurative, in una sola parola occorre personalizzare l’offerta assicurativa. La polizza globale fabbricati usualmente copre:

  • Danni materiali diretti al fabbricato assicurato ( sezione incendio – acqua condotta)
  • Danni cagionati dal fabbricato assicurato a terzi ( sezione di responsabilità civile).

E’ fondamentale nella fase assuntiva del rischio, analizzare la definizione che l’assicuratore da alla voce “fabbricato”, cioè le parti del fabbricato che sono coperte dalla polizza globale. La definizione “fabbricato” che le compagnie di assicurazione inseriscono nelle polizze non è univoca per tutte, ma ognuna può prevedere una definizione più o meno ampia dello stesso. Includere e/o escludere dalla struttura dell’immobile, le sue pertinenze, quali cantine, tetto, box auto, impianti idrici, igienici e di riscaldamento/condizionamento, piscine, giardini, parchi con alberi d’alto fusto, muri di recinzione e di contenimento. Il fabbricato è assicurabile per una somma assicurativa, che solitamente  l’assicuratore considera a “valore intero” , in cui il valore assicurato deve corrispondere al valore reale del bene. Pertanto, è necessario determinare questo valore correttamente, al fine di evitare ogni contestazione in caso di sinistro e l’applicazione della regola proporzionale (art. 1907 del c.c).

E’ fondamentale l’aggiornamento della polizza ogni 3/ 5 anni per mantenere il valore di ricostruzione a nuovo adeguato ai prezzi di mercato”

Quello che si dovrà determinare, tuttavia quale somma assicurata non è il valore commerciale dell’immobile che tiene anche in considerazione l’area edificabile, bensì il valore di ricostruzione a nuovo, cioè la cifra massima che l’assicuratore risarcirà per ricostruire il fabbricato a nuovo. L’assicurazione a valore intero può essere un vantaggio quando si può quantificare facilmente il valore del bene che si intende assicurare, come nel caso di stabili condominiali dove si possono facilmente reperire dall’amministratore tutti gli elementi necessari al calcolo del valore di ricostruzione a nuovo(planimetrie catastali, rilievi volumetrici, categoria dei fabbricati ecc.).

Indispensabile è il ruolo del consulente assicurativo, qual è il broker, nel controllo, nella gestione e nei rapporti periodici dei programmi assicurativi che consentono di evitare perdite di potere assicurativo nel tempo agli immobili assicurati. L’aggiornamento della polizza ogni 3/5 anni consentirà di pagare il giusto premio assicurativo e di adeguare il valore del fabbricato sulla base delle variazioni che subiscono nel tempo, i costi di ricostruzione. Nella sua forma basica la polizza globale fabbricato copre i danni derivanti da incendio, esplosioni, scoppi e fulmini, acqua condotta e quelli arrecati a terzi (in genere dovuti agli oneri custodia). Ma è possibile aggiungere altre coperture, “garanzie aggiuntive”, a costi suppletivi, che possono rendere la polizza più completa e complementare alle esigenze del cliente/assicurato:

danni causati da eventi atmosferici(trombe d’aria, uragani, pioggia e grandine) – danni causati da eventi socio politici(atti vandalici – terrorismo) – danni causati da catastrofi naturali(terremoto – inondazioni, alluvioni, flash flood =bombe d’acqua improvvise ed imprevedibili) – spese di ricerca e ripristino del guasto(copre tutte le spese generate dalla ricerca dell’origine del danno) – infortuni dei dipendenti, nonché la tutela legale in caso di contenziosi civili e penali.

La sezione di responsabilità civile terzi, prevede il risarcimento dei danni in favore di soggetti che siano stati danneggiati da fatti accidentali che si sono verificati in relazione ad eventi che hanno coinvolto la proprietà e gli spazi comuni. Anche qui è possibile prevedere garanzie estensive che possono garantire i condomini nella conduzione delle singole unità immobiliari o i dipendenti che svolgono la loro attività di portierato e pulizie all’interno dell’edificio assicurato. La tipologia di eventi coperta dalla polizza è generalmente quella di rotture accidentali, interpretata dall’assicuratore solitamente in “senso restrittivo” che tendono ad escludere dal risarcimento i danni causati con colpa dall’assicurato (sono esclusi, per es., i danni arrecati da spargimento d’acqua a seguito di carenza di manutenzione del lastrico solare, infiltrazioni stillicidio ecc.).

di Emanuele Rubini, broker assicurativo per il Magazine Condominio Zero Problemi 

BENI COMUNI CONDOMINIALI

PIÙ RISPETTO PER I BENI COMUNI FA RISPARMIARE LITI E COSTI

Sentirsi comproprietari dei beni comuni è il primo passo verso una corretta manutenzione, le cui cui parole chiave sono: approccio al contesto, mentalità e sensibilità

Manutenzione. Manutenzione condominiale, per essere più precisi. Ne parliamo quotidianamente, ne dibattiamo costantemente all’interno dei condomíni, chi più chi meno tra noi, a seconda di quanto si è coinvolti all’interno dell’argomento. Spesso però si nota la tendenza collettiva a omettere una serie di aspetti che fanno parte della tematica principale ma erroneamente vengono considerati marginali, estranei ad essa e quindi totalmente ignorati.
Ne scrivo perché attorno alle manutenzioni dei fabbricati ruota la mia quotidianità e nel corso del tempo sono stato indotto a pormi degli interrogativi su quali fossero gli aspetti più frequenti, nella loro ripetitività, erroneamente sottostimati. Consideriamo questi aspetti come una costante, insita nel ragionamento delle persone, che per grandi numeri mi permetto di generalizzare ed estendere a una larga maggioranza.
Di cosa si tratta dunque? Tre parole: sensibilità, mentalità e approccio al contesto manutentivo. Procedendo per gradi, è bene dunque partire dalla definizione letterale del termine, così come ci viene fornito dal dizionario:
manutenzióne s. f. [dal lat. mediev. manutentio -onis, der. della locuz. manu tenere: v. mantenere]. – 1. Il mantenere in buono stato; in partic., insieme di operazioni che vanno effettuate per tenere sempre nella dovuta efficienza funzionale, in rispondenza agli scopi per cui sono stati costruiti, un edificio, una strada, una nave, una macchina, un impianto, ecc.: […] l’incarico di provvedere alla conservazione e al buon uso di questo, eseguendo anche, se necessario, le opportune riparazioni e sostituzioni di pezzi (fonte: Treccani).


La definizione è chiarissima, rappresentando la sintesi di un concetto che però, nel caso che stiamo affrontando, va contestualizzata all’ambito condominiale, un microcosmo al cui interno coesistono una pluralità di individui e idee spesso estremamente eterogenee e contrastanti. Dunque il concetto va esteso ad ulteriori parametri che esulano dall’aspetto tecnico e si collocano piuttosto su un piano comportamentale, di atteggiamento e predisposizione ad affrontare le cose.
Ed è a questo punto che dovrebbe subentrare il concetto di sensibilità. La predisposizione da parte di tutti i condòmini a considerare la cura del bene comune come se fosse un bene proprio ed esclusivo; la condizione più frequente che si manifesta è invece la tendenza a disinteressarsi delle tematiche che non si sentono a stretto contatto con la propria unità immobiliare, traducendo il tutto in uno scenario manutentivo difficoltoso, esasperato e poco collaborativo.
Si provi ad immaginare cosa possa significare operare alla sostituzione di un tratto di colonna delle acque nere al piano terra, all’interno di un condominio di sette piani, nel momento in cui si procede al taglio della tubazione e parte dei condomini ai piani sovrastanti contravvengono alla richiesta di interdizione allo scarico, proseguendo ad utilizzare i sanitari… Il risultato è alquanto ovvio.
La questione purtroppo si riconduce alla mancanza di responsabilità e sensibilità del singolo nel momento in cui, in pieno anonimato, decide di ignorare la regola a discapito di altri, facendo affidamento sul fatto che non sarà possibile ricondurre la colpa ad un singolo individuo.
Lo stesso atteggiamento fa da comune denominatore a tutti gli ulteriori ambiti in cui viene a mancare la sensibilità e il rispetto per i beni condominiali e per gli altri fruitori degli stessi: il corretto stato manutentivo della fognatura condominiale e la longevità della stessa non sono legati esclusivamente alle attività condotte dall’amministrazione tramite i manutentori e le maestranze operative, ma in primis derivano dall’utilizzo che quotidianamente i fruitori ne fanno: la maggior parte delle volte in cui si provvede ad aprire un pozzetto di ispezione fognario al piede di una colonna di scarico si può reperire all’interno di esso una vastità di materiali impropri, non deperibili e ostruttivi, gettati con noncuranza all’interno degli scarichi. Una maggior sensibilità nell’utilizzo dei beni condominiali fa risparmiare tempi e costi manutentivi e scongiura guasti la cui risoluzione potrà risultare in futuro onerosa e di cui senza dubbio ne pagherà le conseguenze tutto il condominio. La mentalità – premessa all’inizio – diventa a questo punto il passo successivo per una presa di coscienza non solo utile ma doverosa: la capacità di sentirsi responsabili dei beni comuni in quanto comproprietari degli stessi muove l’individuo verso un comportamento idoneo al buon mantenimento conservativo di quanto gli appartiene, ottenendo come risultato il primo punto fondamentale nell’argomento “manutenzione”: il corretto utilizzo quotidiano dei beni ne riduce il deterioramento ed il danneggiamento, diminuendo automaticamente le situazioni di intervento edile/impiantistico straordinario per guasto, malfunzionamento o pericolo.

Concludendo con l’ultimo elemento imprescindibile, l’approccio al contesto manutentivo, questo deve assolutamente basarsi sulla volontà positiva di risolvere le problematiche, possibilmente anticipandole in via preventiva con un’adeguata programmazione, nel tentativo di portare avanti un vero e proprio percorso, come fosse una “cura” per il fabbricato.
A nulla serve il comportamento lassista, spesso mirato al “rattoppo” con metodi palliativi, in cui il disinteresse porta a caldeggiare soluzioni basate esclusivamente sull’aggiramento del problema, divenendo fonte di dispendio economico inutile, di aggravio dei problemi irrisolti e di esasperazione ed astio nei confronti dei manutentori. La collaborazione e la solidarietà di tutti saranno sempre la miglior strada per agevolare qualsiasi attività, tenendo conto che l’aiuto reciproco nel mantenere sano il fabbricato non porta giovamento al singolo ma a tutti coloro che vi abitano.

Si tenga sempre a mente che chi lavora nel campo manutentivo condominiale non potrà mai prescindere dalla collaborazione dei singoli condòmini, alleati fondamentali nell’obiettivo di far divenire pratica le parole contenute nel dizionario Treccani, alla voce manutenzione.

di Luca Benedetti, geometra per Condominio Zero Problemi

Ascensori Condominiali

TRE ASCENSORI SU QUATTRO OBSOLETI, COME INTERVENIRE?

Dalle cabine che non si fermano al punto giusto ai condomini rimasti bloccati. Un milione di ascensori in Italia è vecchio, ecco alcuni strumenti per renderli più sicuri.

In Italia sono installati circa un milione di ascensori di cui tre su quattro hanno più di quarant'anni, questo comporta nel prossimo futuro una serie di rischi che si potranno presentare per tali ascensori obsoleti, come: la mancanza della precisione di arresto al piano, gli urti delle porte automatiche in chiusura sull'ingresso della cabina, il possibile movimento incontrollato della cabina, l'intrappolamento senza possibilità di lanciare un allarme per un soccorso efficace ,  rischi che spiegheremo qui nel dettaglio.

La mancanza di precisione di arresto al piano della cabina  crea un diverso dei due pavimenti tra cabina e pianerottolo, con conseguente alto rischio di inciampo e caduta dell'utente e di possibile incidente per tutti i passeggeri nel salire o salire dall'ascensore. Agli utenti in sedia a rotelle il non corretto livellamento, provoca una reale difficoltà di accesso con possibilità di urti o cadute. La soluzione prevede l'installazione di un dispositivo a regolazione elettronica del motore, il così-detto inverter, per il controllo del livellamento e della precisione di fermata al piano.

Nel caso di  ascensore con porte automatiche , molto spesso si verifica la situazione in cui, in fase di chiusura delle porte, l'utente si trova ancora a transitare sull'ingresso di cabina e venga urtato dalle antine in movimento. In questo caso per gli ascensori di vecchia concezione entra in funzione un dispositivo meccanico che provoca la riapertura delle porte, ma solo dopo aver impattato con la persona, causando perdita di equilibrio o addirittura danno fisico. La soluzione prevede l'installazione di un dispositivo elettronico a barriera ottica sulle porte di cabina, la fotocellula a barriera, idoneo a impedire che le antine delle porte automatiche arrivino a un futuro.

L'  utente  bloccato nella cabina  dell'ascensore in caso di mancanza di energia elettrica o di guasto è impossibile comunicare con l'esterno in caso di edificio disabitato. La soluzione prevede l'installazione dell'illuminazione di emergenza in cabina e del dispositivo di comunicazione bidirezionale di telesoccorso.

Nel caso di  ascensore sia con porte automatiche che manuali di tipo obsoleto , esiste un rischio di caduta nel vano di corsa dell'ascensore qualora le porte di presenza della presenza della cabinano aperte al piano. La soluzione prevede l'installazione di un dispositivo specifico che assicura la chiusura indipendente dalle porte di tipo automatico di pianoforte in assenza della cabina, inoltre si prevede la modifica del gruppo freno dell'argano con l'installazione di un doppio comando di apertura- chiusura delle ganasce del freno.

Per succedere i principali rischi sopra richiamati per i vecchi ascensori, negli ultimi anni si sono diffusi sempre di più i quadri di manovra dotati di inverter.

Due anni fa l'UNI – Ente nazionale normativo italiano, si è interessato al caso in cui viene sostituito il quadro di manovra di un ascensore con un nuovo quadro di manovra dotato di inverter, pubblicando il parere UNI PP/UNI/U85/N° 028 riv. 02-del4 dicembre 2018  (allegato in copia – inserire immagine).

Tale parere è conseguenza ai diversi preoccupanti incidenti avvenuti nonché ai numerosi “quasi incidenti” dove il grupponte, composto da due ganasce con ferodi comandate da una unica bobina, andando in guasto lascia il freno aperto, determinando un movimento incontrollato della cabina che va via dal piano lasciando la porta di piano aperta verso il vuoto del vano di corsa dell'ascensore. Questo caso può essere risolto  dotando l'argano del doppio freno  con il gruppo frenante composto da una doppia bobina di comando delle due ganasce del freno le quali, essendo indipendenti e comandati da due bobine diverse, non permettendo il movimento incontrollato della cabina.

In tutte le verifiche periodiche che svolgono gli ingegneri dell'ELTI sugli ascensori alimentati da un quadro di manovra con inverter, viene attualmente prescritto un rilievo relativo al gruppo freno degli argani dotato di freno a unica bobina di comando con la possibilità di rilevare l'assenza del necessario doppio freno.

di Luigi Clementi, ingegnere ELTI per Condominio Zero Problemi

La nuova normativa antincendio

CONDOMINIO E SICUREZZA ANTINCENDIO

Districarsi nella normativa antincendio non è semplice. Cerchiamo di fare sulle norme da rispettare e sugli obblighi a carico dei fabbricati.

 Inizia qui una collaborazione con la rivista Condominio Zeroproblemi che in ossequio al nome vuole offrire in modo più semplice possibile quei chiarimenti sul funzionamento di quella comunità che, dopo quella familiare, ormai è diventata un altro elemento importante nella costruzione e nello sviluppo della società e dei i suoi complessi collegamenti, che essere regolati tramite norme specifiche per consentire una convivenza civile e ordinata.

La crescita della popolazione ha portato necessariamente all'urbanizzazione dei territori in cui l'uomo svolge le attività che raggiungere lo sviluppo della società e di conseguenza una vita sempre più comoda e sicura.

Nell'antica Roma per gli abitanti, che giunsero a sfiorare il milione di persone, realizzate delle costruzioni in mattoni e legno chiamate “insulae”, (condomìni ante litteram di 5 o 6 piani), prive di qualsiasi servizio comune e poco affidabili dal punto di vista della sicurezza statica e dell'antincendio.

 

Oggi nelle città i condomìni moderni sono realizzati con materiali sempre più performanti che consentono di arrivare ad un tempo irraggiungibilie che sono dotati di servizi sempre più avanzati. Servizi che però garantiscono il rispetto delle norme ne regolano l'uso in termini di sicurezza e che le necessarie manutenzioni e relative certificazioni e controlli. Senza entrare nel merito sono varie tipologie edilizie, i requisiti base che tutti gli edifici di tipo civile sono tenuti a varie tipologie edilizie:

  1. portante  dei diversi tipi di cui sono sottoposti e resistenza alle eventuali sollecitazioni capacità sismiche relative al territorio in cui sono ubicati;
  2. sicurezza in caso del verificarsi di un  incendio , sia in termini di resistenza al fuoco delle strutture, sia per la capacità di flusso degli occupanti nel trasferimento rapido nel luogo sicuro;
  3. importanza di una efficace e partecipata  informazione dei condomini  per una corretta gestione della sicurezza complessiva in caso di calamità.

In questo, ci soffermiamo sulla  sicurezza antincendio  negli edifici residenziali che costituiscono i condomìni. Lo sviluppo di un incendio, in ambienti residenziali può avere punti di innesco diversi e pericoloso:

1) le  autorimesse  comuni ubicate al piano interrato nell'area di sedime del fabbricato, per la presenza di autoveicoli con il loro carico di combustibile;

2) le  centrali termiche  dell'impianto di riscaldamento centralizzato con i loro diversi tipi di combustibile, ciascuno con le proprie norme di sicurezza;

3) l'interno di qualche appartamento per diverse cause ( cortocircuiti  di impianti elettrici non a norma o per dimenticanze in cucina di  fornelli  accesi, o per uso non controllato di candele e/o oggetti a fiamma libera) che possa poi svilupparsi all'interno scala del vano.

Dal punto di vista dell'evoluzione normativa, gli aspetti dell'antincendio sono stati ridefiniti nel DPR 151 del 1 agosto2011, in cui sono state classificate le varie attività soggette al controllo attività antincendio mediante una lista di 98 attività. Tra queste quelle che interessano in particolare gli edifici condominiali sono:  impianti termiciautorimesse condominialialtezza degli edifici .

Ciascun punto di quelli indicati, nel corso dell'evoluzione normativa, oltre a essere interessato da una normativa prescrittiva offre l'opportunità di valutare la sicurezza antincendio mediante misure alternative prestazionali, che riescano a garantire il grado di sicurezza minimo previsto.

Analizziamo adesso il servizio del  riscaldamento centralizzato,  come previsto al punto 74 del DPR 151 del 1 agosto2011, che ha individuato nella potenza termica della caldaia tre livelli di pericolosità cui corrispondono adempimenti diversificati:

1) il livello A riguarda le caldaie con potenza compresa tra i 116 Kw fino ai 350 Kw;

2) il livello B con comprese comprese tra i 350 ed i700 Kw;

3) il livello C con potenzialità oltre i 700 Kw;

Per gli impianti più piccoli al di sotto dei 35 Kw e per quelli fino ai 116 Kw,  le norme non prescrivono controlli  da parte dei vigili del fuoco, ma si limitano a dettare le norme di una corretta installazione compresi i sistemi di protezione e sicurezza, che devono essere sempre certificati dagli installatori qualificati.

L'attività di centrale termica che ricade al punto 74A (a basso rischio) non richiede l'esame progetto prima della presentazione della Sciaa firma del titolare dell'attività, tramite la quale si dà corso alla messa in esercizio della centrale termica stessa. In questo caso la Scia, protocollata presso il comando dei vigili del fuoco, sostituisce il Certificato di Prevenzione Incendi (CPI). Certamente il progetto dovrà risultare conforme alle norme del DM 12.041996 (e successive modifiche)con tutti i dispositivi di protezione e sicurezza previsti.

Nel caso di una centrale termica che ricade al punto 74B, ossia con una potenzialità termica che supera i 350 Kw e fino a 700 Kw, la procedura che consentire la messa in esercizio dell'attività, prevede la preliminare presentazione, presso il comando locale dei vigili del fuoco competente per territorio, della richiesta di esame che dovrà ricevere il nullaosta da parte dei VVF, eventualmente anche con richiesta di esame.

Dopo il nulla osta, una volta completati i lavori e prima di dar corso alla messa in esercizio dell'attività, occorrerà presentare la Scia da protocollare sempre presso il comando dei vigili del fuoco.

Il comando avrà la possibilità entro i 60 giorni successivi all'avvio dell'attività di eseguire  dei sopralluoghi per verificare il rispetto del progetto approvato. Nel caso di una centrale termica ricadente al punto 74C, con una potenza termica superiore a 700 Kw, caratterizzata da una maggiore complessità tecnico-progettuale e realizzata, ma anche da un'importante organizzazione gestionale, si dovrà ottenere il nulla osta al progetto da realizzare, da parte del comando dei vigili. In questo caso la realizzazione dovrà essere sottoposta al controllo obbligatorio dei VVF, entro i successivi 60 giorni dalla presentazione della Scia e sarà lo stesso comando a rilasciare in questo caso il certificato di prevenzione incendi (Cpi). I Cpi, omologati alle segnalazioni certificate di inizio attività hanno validità per i anni successivi, sempre non intervengano modifiche all'impianto anche per accenni di elementi che essere sempre stato. responsabilità penale del titolare  che per i condomini è la figura dell'amministratore.

di Andrea Magazzù, ingegnere per Condominio Zero Problemi

La tutela dei diritti in condominio

I DIRITTI DELLE PERSONE “FRAGILI” IN UN CONDOMINIO

Molti condomini soffrono di patologie gravi che prepara di adeguare le regole del palazzo per non aggravarne i problemi di salute o mettere a rischio le loro vite. Il caso concreto di una patologia molto rara che ha obbligato a rivedere le proprie abitudini.

 

La tutela giuridica che offre la normativa nazionale ed internazionale alla persona fragile che abita in un condominio è materia molto vasta. In particolare modo considerando che è impossibile condensare tutto l'argomento in un unico articolo, concentrerò la mia attenzione su un caso realmente avvenuto e da me trattato. Si tratta di un aspetto grande poiché riguarda una mia assistita(che chiameremo fantasiosamente signora Bianchi) affetta da una malattia molto particolare, denominata  MCS-Sensibilità chimica multipla. È una patologia riconosciuta ufficialmente dall'Organizzazione mondiale della sanità come “Intolleranza agli xenobiotici ambientali” (codice attribuito: OMS ICD 10 J 68.9). Le certificazioni mediche che producono la mia assistita, rilasciate da medici specialisti e policlinici universitari, evidenziavano che questa malattia può presentare sintomi molto gravi, quali:  intolleranza a profumi-detergenti-saponi , dispnea con laringospasmo e broncospasmo, infiammazione delle mucose,  ipersensibilità a campi elettromagnetici , orticaria e dermatite, disturbi cognitivi, dolori muscolari e articolari, difficoltà a deambulare, ecc.

Ciò significa, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, che un malato di MCS deve  evitare l'esposizione a campi elettromagnetici , saponi, detersivi, candeggine, profumi, nanoparticelle emesse da  caldaie  e bruciatori, nanoparticelle derivate da termovalorizzatori (inceneritori) o da ciminiere di impianti di riscaldamento, prodotti da lavori edili (cemento, bitume), erbicidi, pesticidi, disinfestanti, insetticidi e polveri derivanti dalla  potatura  e dal taglio dell'erba, vernici, solventi, reagenti di laboratorio, xenobiotici alimentari, polveri di toner di stampanti e fotocopiatrici. In relazione alle attuali conoscenze di questa malattia, non esiste una terapia certa, e le procedure di trattamento sono quasi sempre limitate:  i) all'evitare il contatto con le lezioni sopra elencate,  ii)  all'isolamento dell'agente che scatena le reazioni dell'ambiente, interno ed esterno, in cui soggiorna il paziente,  iii)  a una terapia di supporto ed  iv)  alla detossificazione ( eliminazione dei pericoli dall'ambiente, interno ed esterno, e dal corpo del paziente).

Occorre precisare che la mia assistita, che vive senza uscire di casa da molti anni proprio per evitare tutti i rischi connessi al che sopra, è in uno stadio molto grave di questa patologia ed è assistita h24 dal padre, che esce di casa soltanto tre giorni consecutivi al mese per effettuare i rifornimenti di cibo, bevande e farmaci. Lasignora Bianchi si rivolse al mio studio poiché  il condominio in cui abita si rifiutava di avere meno e dolori, nonché di peggiorare il suo stato di salute già molto precario. In particolare, il condominio si rifiutava di comunicare congruo preavviso la data di inizio dei lavori edili di manutenzione ordinaria e straordinaria e di comunicare altresì contestualmente il nominativo della ditta che sarebbe intervenuta. Si rifiutava inoltre di  sospendere i lavori di giardinaggio nelle aree condominiali  per cinque giorni al mese.

Condizioni indispensabili per la salute dalla condomina Bianchi che, in occasione dell'esalazione degli odori derivanti dai materiali edili, ha la necessità di far sigillare dall'esterno le proprie finestre, con cestello telescopico, e necessita di  concordare con la ditta esecutrice dei lavori l'utilizzo dei materiali meno nocivi per la sua patologia. Sospendere i lavori di giardinaggio, invece, è una necessità necessaria al fatto che quando il padre deve uscire per i tre giorni consecutivi al mese, per le compere di cibo, bevande e farmaci, non può entrare in contatto con gli odori prodotti dall'attività di giardinaggio (e dalle sostanze utilizzate dal giardiniere) poiché rientrando a casa li porterebbe nell'appartamento con grave danno e sofferenza per la figlia malata: dunque, per i tre giorni dell'uscita e per i due precedenti c'è bisogno che i lavori verranno interrotti, al fine di “bonificare” i luoghi dove passa il padre.

Alla luce della sordità del condominio rispetto alle richieste della signora Bianchi, proposi un ricorso urgente (sulla base dell'art. 700 del codice di procedura civile) al tribunale, partendo dall'assunto che l'attendibilità della pretesa della mia assistitasi basa sulla tutela, accordata dall'ordinamento nazionale e sovranazionale (Costituzione italiana, Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, Convenzione internazionale sui diritti economici, culturali e sociali), al diritto alla vita, alla salute e all'abitazione e che le richieste della signora Bianchi non ledono in alcun modo i diritti degli altri condomini. Non crea infatti alcun danno al condominio comunicare con congruo preavviso l'inizio dei lavori alla signora Bianchi, né dare la possibilità di concordare i materiali meno nocivi per la sua salute, né, infine,

Il giudice accolse il ricorso e, in modo chiaro ed impeccabile, illustrava e propria decisione muovendo dal contenuto dell'art. 32 della Costituzione  “che tutela la salute come fondamentale diritto dell'uomo, attraverso una norma immediatamente precettiva  (le decisioni della Corte Costituzionale numero 104 del 30/06/1986 e numero 104 del 20/05/1982 n.104)”. Proseguiva illustrando il contenuto dell'art. 1102 del codice civile secondo cui: “ Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. (…)”. Partendo da tali principi il giudice assumeva che: “Si impone a tal fine la necessità di bilanciare da un lato l'esigenza di tutela di un diritto quale quello alla salute, soggetto fondamentale in esame al rischio dell'aggravarsi della patologia (…) fino al rischio dell'esito estremo del decesso , con il principio del pari diritto al pieno godimento della cosa comune (verde e aree condominiali) da parte dei condomini. Ebbene, nell'ottica di un tale contemperamento appaiano pienamentese rispettose del pieno godimento, limitandosi ad incidere sulle modalità di manutenzione delle parti comuni sul piano strettamente temporale (…). Del pari non lesiva dell'interesse dei condomini al goddimento delle cose comuni deve ritenersi,.

di  Filippo Simone Zinelli, avvocato per Condominio Zero Problemi

La responsbilità dell'amministratore di condominio per i sinistri

INCIDENTI IN CONDOMINIO, CHI È RESPONSABILE DEI DANNI A TERZI?

Buche, oggetti pericolanti, macchie d'olio, l'incuria nel condominio può generare vere e proprie trappole che possono creare incidenti. Contro chi si rivarrà un “non condomino” vittima di infortunio negli spazi comuni?

Può accadere all'interno di un condominio che un soggetto possa subire un infortunio a causa di una caduta accidentale dovuto a  un'insidia o un trabocchetto presenti nell'area condominiale . Il dubbio che può sorgere è proprio sulla responsabilità dell'evento dannoso, cioè chi sia il vero responsabile ea chi il danneggiato deve chiedere il giusto risarcimento.

L'azione più logica da intraprendere è quella di portare in giudizio direttamente il condominio che a sua volta chiamerà in causa l'amministratore, il quale coinvolgerà nel procedimento la propria compagnia assicurativa. Ma chi è il vero responsabile?  Sul punto è intervenuta la Sesta sezione Civile della Corte di Cassazione, la quale con la recente ordinanza n. 6292 del 4 marzo 2019 ha affrontato il tema della responsabilità nei confronti dei terzi danneggiati all'interno di un condominio e della conseguenza azione di rivalsa nei confronti dell'amministratore.

Il soggetto è stato affrontato a causa delle personali subite da un soggetto terzo a seguito di una caduta tema a una buca all'interno dell'area condominiale. La suprema corte è entrata nel merito  della natura delle responsabilità  del condominio e dell'amministratore  nei confronti dei terzi danneggiati  e quali siano in particolare le responsabilità dell'amministratore nei confronti del Condominio, spiegando le  modalità  per fornire la  prova liberatoria e  osservando che: “Ciò posto, con riferimento al caso di specie si osserva che secondo il consolidato indirizzo di questa Corte il condominio risponde, ai sensi dell'art. 2051 cc, dei danni subiti da terzi estranei ed originati da parti comuni dell'edificio, mentre l'amministratore, in quanto tenuto a provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia delle stesse, è soggetto, ai sensi dell' arte. 1218 cc (unicamente)  all'azione di rivalsa eventualmente esercitata dal condominio  per il recupero delle somme che esso abbia versato ai terzi danneggiati (Cass. 17983/2014)”.

Nella richiamata sentenza della Terza Sezione Civile n. 17983 del 14 agosto 2014 la Corte affermava che:  “L'amministratore è custode dei beni condominiali (Cass. n. 25251/2008: l'amministratore del condominio ha il compito di provvedere non solo alla gestione delle cose comuni, ma anche alla custodia di esse, col conseguente obbligo di vigilare affinché non rechino danni a terzi od agli stessi condomini”), deve tuttavia precisarsi che la responsabilità extracontrattuale verso i terzi risultabile – ex art. 2051 cc –  esclusivamente a carico del condominio, residuando per l'amministratore esclusivamente la possibilità di incorrere in responsabilità contrattuale, nel rapporto interno che lo lega al condominio medesimo[…]  responsabilità dell'amministratore  nei confronti del condominio, che opera sul piano della responsabilità contrattuale (art. 1218 cc), ponendo a carico del creditore l'individuazione dello specifico inadempimento ascritto al debitore e consentendo a quest'ultimo di liberarsi provando l'assenza di colpa…”

Pertanto le responsabilità dichiarate dagli ermellini vengono stabilite essere sia di natura contrattuale che extra contrattuale, mentre il condominio risponde nei confronti del terzo per la mancata custodia della causa dell'evento dannoso (ex art. 2051 cc),  l'amministratore a sua volta è responsabile  per gli contrattuali che egli stesso ha nei confronti del condominio (ex art. 1218 cc). Le  due diverse forme di responsabilità  nascono nel momento in cui un terzo viene danneggiato per causa della gestione o custodia dei beni comuni condominiali.

Concludendo il terzo danneggiato agirà direttamente verso il condominio  per responsabilità extracontro , quest'ultimo potrà liberarsi solo  provando un eventuale caso fortuito  e potrà esercitare in ogni modo l'azione di rivalsa e manleva in via contrattuale verso l'amministratore, il quale a sua volta per esimersi da ogni responsabilità dovrà sostenere la non colpevolezza nella causazione del sinistro.

Gian Piero Sponzilli, avvocato per il Magazine Condominio Zero Problemi